Volevo condividere con voi un caso clinico. Inutile vi dica che i dettagli di queste storie sono modificati per preservare l’identità delle persone. Chiameremo questo ragazzo Enzo. Enzo ha sedici anni, va bene a scuola, è molto educato e sveglio. E’ un piacere lavorare con lui, riesce a seguire ragionamenti anche abbastanza complessi, è curioso. Insomma, una splendida persona. Se non fosse che ha un problema che lo assilla: la tricotillomania. Per chi di voi non sapesse cos’è, vi posso dire che la tricotillomania è un atto di autolesionismo che consiste nello strapparsi i capelli. Inutile vi dica che questo sintomo segnala un disagio abbastanza pronunciato. Io vedo Enzo una volta alla settimana da circa due mesi. Aveva cercato di iniziare altri percorsi terapeutici ma senza riuscire a trovare un suo senso, tanto che più volte ha sospeso la terapia. Quando arriva da me, uno degli aspetti che reputo più interessante riguarda il fatto che io sono un uomo mentre gran parte delle altre persone con cui ha lavorato in precedenza erano donne. Non è, naturalmente, una questione di sesso, quanto una questione di possibile identificazione con una figura maschile. Enzo non ha, infatti, un buon rapporto con il padre. Tende a non volerlo coinvolgere nella sua vita e a non farlo partecipe di quello che gli accade. Ne parla in tono accusatorio e svalutante mentre tutt’altro discorso fa sulla madre che sarebbe attenta e vicina alle sue esigenze. Parlandone con il mio supervisore, notiamo come questo elemento potrebbe far si che il rapporto tra noi possa essere costruttivo e che lui possa trovare in me una figura maschile positiva con la quale stabilire una buona relazione. Pensiamo, infatti, come uno dei limiti che possono aver sabotato le altre terapie potrebbe essere la coincidenza tra la figura terapeutica e la figura materna. Dobbiamo tenere presente che parliamo di un adolescente che, da bravo adolescente, sta mettendo in discussione le figure genitoriali. Perché le dovrebbe riaccettarle sotto forma di terapeuta? Da questo punto di vista io costituisco una rottura: sono più giovane e non identificabile con una figura genitoriale.
Il rapporto tra noi, dopo una normale diffidenza, inizia ad essere buono. Il tema principale, la tricotillomania, sembra rimanere sullo sfondo e non viene mai portato direttamente. Il rispetto per i suoi tempi, mi suggerisce di non affrontare subito, forzandolo, questo tema. Il mio pensiero ricorrente riguarda il fatto che Enzo sia stato sempre visto come quello-che-si-strappa-i-capelli. Non ho nessuna intenzione di etichettarlo nello stesso modo e lascio che inizi a mostrarmi quello che preferisce della sua vita. Naturalmente, scopro come ci sia moltissimo altro. E iniziamo a lavorare su quello che mi porta. Innanzitutto, la prima cosa che faccio è quella di cercare di far si che venga fuori la motivazione per cui viene da me. Non voglio che possa rifugiarsi dietro un “mi obbligano” ma che si veda come una persona che può scegliere cosa fare.
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