Uno degli aspetti che noto da subito è una forte dipendenza dal giudizio degli altri. Enzo ha paura di muoversi autonomamente, non si sente in grado di far nulla che non preveda il considerare l’opinione degli altri. Teniamo conto che stiamo parlando di una persona di 16 anni. E’ naturale che, nel momento della vita in cui una persona sta costruendo la propria immagine, l’opinione, le impressioni, i rimandi degli altri giochino un ruolo fondamentale. Questa è la premessa che dovremmo tenere presente nell’approcciare con adolescenti. In questa situazione particolare però, noto come gli altri possano plasmare i movimenti di Enzo dal momento che lui è in grado di rinunciare ad un suo interesse solo perché qualcuno ha idea che quell’interesse sia futile.
Credo che questa dipendenza eccessiva dalle opinioni e dalle idee altrui possa segnalare una carente autostima di Enzo. Se l’idea che lui ha di se stesso fosse più positiva, credo che, pur ascoltando e prendendo in considerazione le idee degli altri, sarebbe in grado di poter scegliere da solo e capire cosa sia giusto per se stesso. Se sceglie sempre e solo le idee degli altri come se fossero migliori cosa si sta dicendo? Che le sue valgono meno? Si tratta, ora, di cercare di capire a cosa possa essere dovuta la bassa autostima. Credo che gli ideali che Enzo ha delle persone gli impediscano di vedere le cose per come sono. All’interno di una necessità semplificativa di un mondo in evoluzione, un mondo che lo vede come bambino e come adulto, come maturo e come immaturo, che fornisce, cioè una serie di segnali discordanti per cui la confusione aumenta, gli adolescenti sono spesso presi nel gioco dell’Assoluto, dei Posizionamenti, per cui le cose sono o tutte belle o tutte brutte, o tutte giuste o tutte sbagliate, impedendo loro di cogliere quelle sfumature, quell’ambivalenza semantica che, giocoforza, fa parte delle umane cose. Questo è il motivo per cui spesso si trovano a tenere in piedi posizioni intransigenti delle quali anche loro avvertono le costrizioni ma che, in qualche misura, li difendono dal caos. In un momento di transizione ognuno di noi non si aggrappa ad alcune certezze? Nell’idea di Enzo la dicotomia, la separazione, avviene tra l’interno e l’esterno. Il buono sembra essere esterno mentre il negativo sembra essere interno. E’ovvio che questa separatezza sia più ideale che reale ma riesce in qualche maniera a compenetrare tutto il suo mondo. Come si può relativizzare una posizione del genere? Nel mio lavoro utilizzo due chiavi per me fondamentali: l’ironia e la metafora. Uso molto spesso metafore, immagini attraverso le quali riesco a condensare delle realtà spesso incomunicabili e incomprensibili. Tramite la metafora avviene questa sorta di magia per cui l’altro capisce cosa voglio dire e l’immagine che gli rimando può essere più facilmente assimilata e ricordata per cui il lavoro alla fine può risultare più facile. Anche l’ironia, termine con il quale, nel rispetto della storia che mi si porta, intendo quella capacità di saper sorridere in certi frangenti, è un mio grande alleato: fa parte del mio modo di essere e riesce in qualche maniera ad abbassare il tono tensivo in alcuni momenti. Tramite questi due ‘strumenti’ riesco a relativizzare la posizione assolutista assunta su alcuni punti da Enzo e introduco una possibilità di dubbio in realtà che, prima, venivano date come assodate, certe, indiscutibili.
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