Tre diversi modi di essere in terapia (2)

Abbiamo già visto una delle diverse posizioni che possono essere assunte all’interno del rapporto psicoterapeutico. Dopo aver visto un primo orientamento, quello che vedeva un terapeuta esperto e un paziente ‘dipendente’ vediamo un secondo orientamento. Il brano che vi riporto è tratto, come nel primo post, dal testo Considerazioni notturne di un terapeuta della famiglia, di Carl Whitaker e ve lo riporto integralmente:

Un secondo orientamento psicoterapeutico è basato sull’offerta di un modello di ristrutturazione. Di solito questo si fonda sull’intuizione, la comprensione, l’analisi e sul tentativo di dimostrare che il terapeuta conosce il segreto di una vita migliore. Considerando il fatto che la sofferenza e l’impotenza rendono il paziente insicuro, l’apprendimento di queste nuove tecniche può essere molto utile. Il rischio è, ancora una volta, che il fascino della dipendenza e della mancanza di iniziativa prenda il sopravvento, trasformando il paziente in un adolescente che si dibatte oscillando fra il suo bisogno di dipendere e il suo desiderio di essere indipendente, fra la paura di perdere il proprio senso di identità e quella di soffocare la propria creatività. [1]

Questa posizione sembra molto più equilibrata rispetto alla posizione vista con il primo esempio. In questo caso il terapeuta non si fa conquistare dal fascino della posizione che il paziente cerca di attribuirgli (tu sai come fare!) ma si preoccupa semplicemente di fornire un ‘modello di ristrutturazione’, un modello alternativo a quello che è il modello del paziente.

Se, volendo esemplificare, il paziente si raccontasse come vittima della malevolenza della moglie, e che attorno a questo tutta la sua vita ha assunto dei contorni tragici, scopo della terapia potrebbe essere quello di introdurre un nuovo punto di vista che possa permettere al paziente di ristrutturare la propria immagine e non vedersi solo, come nel’esempio, vittima della moglie. Si tratterebbe in questo secondo caso, di capire cosa, per esempio, ha fatto si che questo marito accettasse la malevolenza della moglie e quale significato avrebbe questo per lui. Questa nuova lettura può aprire prospettive interessanti perché permette di scardinare storie ormai sedimentate nelle quali spesso ci riconosciamo senza avere più la possibilità di metterle in discussione.

Anche in questo caso è necessario prestare particolare attenzione alla posizione del terapeuta dal momento che questo lavoro oscilla tra il bisogno di smarcare il paziente e renderlo indipendente e il bisogno del paziente di coltivare la dipendenza nel rapporto. Questa posizione può essere elaborata accogliendo le richieste del paziente, ma utilizzando qualunque richiesta stessa per lavorarci assieme in terapia, dotarla di significato e renderla esplicita nella relazione terapeutica stessa. Nel momento in cui questo viene esplicitato nel rapporto infatti, è possibile lavorarci col paziente ed è possibile che il paziente stesso, grazie alla consapevolezza acquisita, possa utilizzarlo come strumento di una nuova cognizione di se. 

– Continua –

[1] Whitaker, C. (1989), Considerazioni notturne di un terapeuta della famiglia, Astrolabio, Roma, pag. 173

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