Ho già provato ad affrontare in altri post questo tema: come comunicare con i bambini? L’argomento è sempre complesso ed è abbastanza difficile cercare di capire come riuscire a trovare un canale comunicativo con i bambini soprattutto nel momento in cui si trovano in una fase di opposizione o di diniego, ‘fasi no’, nelle quali sembra difficile, se non impossibile, riuscire a trovare una modalità comunicativa che consenta di comprendere e superare il momento. Credo che trovare un modo per comunicare con loro sia fondamentale per riuscire a stabilire un ponte relazionale e cercare quindi di comprendere, di contenere e accogliere i loro comportamenti facendo sì che sappiano di avere un referente valido e competente tra gli adulti che lo circondano. Un valido aiuto può essere costituito dall’uso dell’intelligenza emotiva.
Per chi non conoscesse questo approccio, il concetto di intelligenza emotiva è stato teorizzato da Daniel Goleman, ed è un costrutto nato in contrasto con la filosofia che sta alla base del concetto di quoziente intellettivo: a differenza dell’accento posto solo sulle competenze ‘oggettive’ e ‘ misurabili dell’intelligenza umana, Goleman cercava di prestare attenzione e mettere in risalto tutta una serie di caratteristiche dell’intelligenza umana (sensibilità, empatia, consapevolezza di sé e della propria realtà emotiva,…) concetti ignorati all’interno della ideologia della misurazione dell’intelligenza secondo canoni quantitativi.
La teorizzazione di Goleman ha dato il via ad una serie di studi che hanno cercato di far luce su cosa significhi intelligenza in senso lato, nelle diverse aree di vita di una persona: all’interno delle relazioni personali, della vita quotidiana delle persone e di come possa influenzare la comunicazione empatica tra genitori e figli. Senza entrare troppo nello specifico della teoria, sarebbe forse più interessante occuparci della pratica, utilizzando piccoli esempi che possano aiutare a capire come migliorare la comunicazione tra adulti e bambini, principi applicabili anche più in generale nella comunicazione tra adulti. Per i nostri esempi, abbiamo bisogno di un genitore, poniamo un papà, Gabriele, e una bambina che chiameremo Francesca. Faremo fare i capricci a Francesca e vedremo come il papà affronterà, o potrebbe affrontare, la situazione con la figlia.
Prima di continuare, sarebbe necessario aggiungere altre due premesse molto importanti, delle quali tenere conto: la prima: un rapporto e un’autorevolezza nei confronti dei figli non si costruisce dall’oggi al domani. Se il rapporto con vostro figlio è deficitario (per le più svariate cause che possono stare alla base di questo deficit), il capriccio di vostro figlio non sarà un buon momento per cercare di rimarcare la vostra autorevolezza. Il secondo punto importante riguarda invece questa lista stessa: é un suggerimento e vorrebbe essere un modo per aiutarvi a gestire meglio il rapporto con vostri figli. Non colpevolizzatevi se avete difficoltà a rispettarla: non costituisce l’unico modo con il quale è possibile approcciare ai vostri figli.
Fatte queste doverose premesse, possiamo partire con i nostri esempi. Prendiamo in considerazione una scena tipica: Francesca é nella sua cameretta e sta giocando contemporaneamente con diversi giochi. Arriva il momento nel quale dovrebbe rimettere tutto quanto a posto, ma in quel momento, inizia a fare storie, a lamentarsi, a dire che lei non vuole mettere a posto e così via. Papà Gabriele potrebbe iniziare ad usare tutte le armi per cercare di convincerla a farlo. Frasi più o meno tipiche possono essere: ‘smettila di fare i capricci’, oppure ‘se non rimetti a posto tutto, domani non giochi’, oppure ‘fai sempre così’, o anche ‘non sei mai brava a rimettere in ordine tutto quello che tiri fuori’, oppure ‘non penserai che sia io a rimettere a posto tutta questa roba’. Chi di noi non ha mai utilizzato questo genere di frasi con un bambino?
Pur essendo tra loro molto diverse, facendo leva su minacce, senso di colpa ecc, qual è l’aspetto che accomuna tutte queste frasi? Pensateci un attimo, perché è quello che tutti noi facciamo, spesso automaticamente, quando parliamo ad un bambino. Avete notato cosa può essere ? Nessuno ha chiesto al bambino perché si stia comportando in questa maniera. Tutte queste frasi hanno come punto comune il fatto che non si preoccupino di cosa possa avere scatenato la ribellione di Francesca. Presupponendo che non sia impazzita mentre giocava in camera sua, possiamo immaginare che qualcosa l’abbia disturbata e turbata e che il non mettere a posto i suoi giochi sia il modo di manifestare questo disagio. Prevengo le critiche: ‘Si, vabbè, ma io non posso mica stare dietro a tutti i capricci di mio figlio’, starà sicuramente pensando ognuno di voi. ‘Se facessi così ogni volta non mi rimarrebbe tempo neanche per bere un bicchiere d’acqua’. Sicuramente è vero che questa strategia può essere più impegnativa in un primo momento, quando questo momento di incontro e di accoglienza deve essere costruito. Ma piano piano, quando questo diverrà la norma nel rapporto tra voi e vostro figlio, questo modus operandi diventerà sempre più facile ed automatico e sempre più semplice da attuare. Col tempo e con il vostro impegno (ricordatevi che la guida siete voi!) si sarà stabilita una buona intesa emotiva tra voi e vostro figlio e questo aiuterà voi ad interagire a cogliere quello che lui sta manifestando e a lui di riconoscere un ruolo di aiuto e supporto ogni qual volta sentirà di non stare bene.
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