- Assenza di giudizio e rispetto: un professionista competente è una persona che cerca di conoscere i suoi pregiudizi (vedi il punto terapia personale) e, ri-conoscendoli, riesce a ‘tenerli a bada’ all’interno della relazione terapeutica. Questo aspetto è importante per creare un clima accogliente e aperto all’interno del setting terapeutico. Il giudizio può essere distruttivo all’interno della relazione terapeutica, perché può minare la capacità dell’altro di sentirsi libero nell’aprirsi su aspetti difficili e complessi della sua vita. Se c’è un clima di giudizio, questa libertà sarà limitata e il paziente si sentirà in difficoltà rispetto a quello che vuole comunicare al professionista al quale si è rivolto. Il professionista d’altro canto potrebbe essere in difficoltà con le sue opinioni personali, sempre, come detto, che non abbia ben chiaro il suo ruolo all’interno della terapia e i confini che le sue posizioni dovrebbero avere rispetto a quelle del paziente. Prendiamo, come esempio, il caso di un professionista particolarmente religioso di fronte all’aborto di una sua paziente. Se il professionista non riesce a fare una distinzione tra quelle che sono le sue convinzioni, e quelle che sono le convinzioni dell’altro (si veda a questo proposito anche il punto successivo), può facilmente sfociare in dinamiche giudicanti, in movimenti per cui stabilisce cosa sarebbe stato meglio fare o cosa sarebbe stato giusto fare in un contesto di questo tipo. Niente di più pericoloso nel contesto terapeutico. Il professionista non si trova di fronte a voi per dirvi cosa avreste dovuto fare, ma per cercare di aiutarvi a capire che senso ha questo nella vostra vita. Le scelte sono assolutamente personali e nessun professionista competente si sognerebbe mai di esprimere giudizi su quelle che sono le scelte di una persona in un’altra storia e in un altro contesto. Se avete a che fare con un professionista che spande giudizi, che promulga sentenze, che da consigli, che sa cosa sia per voi giusto o sbagliato e che invece non vi aiuti e vi accompagni a capire cosa per voi sia giusto o sbagliato, probabilmente non è un professionista competente. Un buon professionista non cerca di cambiarvi a sua immagine e somiglianza, piuttosto vi accompagna nel trovare la vostra strada.
- Terapia personale (e supervisione): un terapeuta competente per essere tale, deve aver provato su di se cosa significhi terapia. È consigliato, ma sono sempre più convinto che dovrebbe essere obbligatorio, che abbia fatto, e che possibilmente continui a fare, un percorso di terapia individuale che consenta di chiarire quali sono le sue dinamiche personali, le sue resistenze, le sue difese, insomma tutto il suo bagaglio personale che potrebbe entrare come elemento caratterizzante la terapia soprattutto se maneggiato senza alcuna consapevolezza. Allo stesso modo, accanto ad una terapia individuale, sarebbe necessario che quest’ipotetico terapeuta competente facesse anche supervisione, si recasse, in altre parole, da un collega per discutere sulle eventuali difficoltà di determinati casi e riuscisse a comprendere con lui come questi casi e le difficoltà riscontrate colludano con le dinamiche personali del terapeuta stesso (ovviamente parlo di psicologo al maschile giusto per semplicità, non vorrei pensaste ci siano solo colleghi maschi!). Sono momenti estremamente importanti e qualificanti nella formazione del terapeuta competente, investimenti necessari non solo per il benessere del terapeuta ma coadiuvanti per la buona riuscita della terapia stessa: non sono perciò da considerarsi accessori, ma aspetti fondamentali nella formazione duratura del terapeuta.
- Etico: un buon professionista è etico nel senso pieno del termine. È etico nel momento in cui comprende come sia lecito agire non lasciandosi trascinare dalle sue convinzioni. Sa che non è il metro di ogni cosa, sa che non è un guru al quale le persone si possono rivolgere per cercare di avere aiuto in una fase della loro vita. Conosce le sue capacità ma conosce e ha strettamente presenti anche i suoi limiti, sa dove spingersi e come avventurarcisi. È consapevole di quali siano le sue convinzioni, la sua visione della vita, le sue credenze e le sue immagini e, consapevole di questo retroterra personale, lo mette al servizio dell’altro, senza imposizioni e senza forzature, senza costringere in questa visione chi gli siede davanti, costringendo l’altro, dall’alto della competenza che il ruolo sociale gli riconosce e al quale il professionista stesso può tranquillamente credere ed adattarsi, ad adeguarsi ad un modello che non ha scelto. Un buon professionista ha sempre chiaro da dove viene, cosa è suo e cosa invece appartiene all’altro.
- Ironico: altra dote per me fondamentale è l’ironia. L’ironia è un’arma che può essere utilizzata con diverse finalità sia per creare un buon clima all’interno della seduta terapeutica, sia per riuscire a comunicare una nuova prospettiva al paziente tramite restituzioni mirate nel racconto che fa della sua stessa vita. Purtroppo l’ironia non si può insegnare, né si può imporre. Fa parte del bagaglio personale del terapeuta ed è una sua abilità saperla utilizzare al momento opportuno e non a sproposito. Il rischio, in caso contrario, potrebbe essere quello di far sentire ridicole le istanze portate dal paziente, oppure sminuirne la portata, dando l’impressione al paziente di non esser accolto e compreso. In questo calibrare abita l’abilità del terapeuta: riuscire ad utilizzare un potente mezzo senza screditare la realtà portata dal paziente.
- Personale: strettamente legata al punto precedente è importante la personalità del terapeuta. Così come l’ironia è parte del bagaglio personale del terapeuta all’interno della terapia, è necessario tenere conto di quelle che sono le caratteristiche personale del terapeuta, caratteristiche che possono essere annoverate come bagaglio fondamentale del terapeuta stesso. Intendo con questo riferirmi alle caratteristiche personali, al suo essere persona prima che psicologo. Un professionista competente non è il mero ‘esecutore’ di teorie psicologiche studiate sui libri. Il terapeuta fa la differenza nella costruzione della relazione terapeutica stessa attraverso la sua personalità. Anche in questo caso l’abilità del terapeuta risiede nella capacità di calibrare le sue istanze personali e le sue caratteristiche personali con le caratteristiche del rapporto terapeutico e quindi con le caratteristiche della persona che ha di fronte. Il fatto che abbia un’impostazione personale non può, in nessun caso, prescindere dall’accoglienza e dal rispetto della persona con la quale si trova a lavorare.
Naturalmente questo elenco non è esaustivo e non sono solo questi gli aspetti che fanno di uno psicologo un professionista competente. Non ho, per esempio, citato tra le varie caratteristiche la creatività che dovrebbe avere, la preparazione teorica, l’aggiornamento continuo, meta da conseguire per tutto la sua carriera, la curiosità per il mondo che lo circonda (sapere cosa ascoltino i suoi giovani pazienti potrebbe essere un grande ponte comunicativo con loro, per esempio) e molti altri aspetti. I punti elencati possono essere considerati come alcune tra le caratteristiche da prendere in considerazione per la demarcazione tra competenza o inadeguatezza del professionista. E possiamo sempre ampliare la riflessione su altri punti un prossimo post!
Per il momento che ne pensate?
A presto…
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