Questa serie di post è dedicato ad un argomento che mi interessa molto: la famiglia. Questa volta cercheremo di affrontare il tema non dal punto di vista della malattia, della disfunzione, che, spesso, è l’angolazione da cui viene trattato questo argomento, ma dal punto di vista della FUNZIONALITÀ. Sembra, infatti, che siamo più attratti dalla definizione di come non dovrebbe funzionare una cosa piuttosto che cercare di descrivere che caratteristiche dovrebbe avere per essere considerata “normale”. Ora, non cercherò certo di dirvi cosa sia sano e cosa sia malato, credo abbiate imparato, nel conoscermi, che questo linguaggio non mi appartiene e credo non riesca a rappresentare una realtà ben più sfaccettata. Come si può, allora, distinguere tra una cosa che ‘va bene’ e una cosa che ‘va male’? Uno degli aspetti con cui si traduce il concetto di sanità o malattia sono i concetti di funzionalità o disfunzionalità. Questi concetti, non soffermandosi su definizioni classificatorie come i concetti da salute o di malattia, descrivono semplicemente la possibilità che la persona, in questo caso specifico il sistema familiare, sia funzionale alle loro condizioni di vita oppure no. Questi concetti aprono moltissime combinazioni possibili perché un aspetto sarà considerato non sano o insano secondo una arbitraria separazione per cui alcune cose vanno bene (per chi?) e altre vanno male e non si devono fare, quanto per il fatto che quell’individuo o quel sistema familiare possano svolgere la loro vita senza che alcuni comportamenti siano disturbanti a livello personale, relazionale, sociale od emotivo, per il singolo o per il sistema. Ora appunto come si riesce a dire cosa faccia funzionalità o disfunzionalità è un concetto da costruire.
Alcuni testi individuano 4 aree prestando attenzione alle quali si potrebbe evidenziare un buon funzionamento del sistema familiare. Queste aree sono:
- L’area delle strategie per risolvere i conflitti;
- lo stile di comunicazione;
- la formazione di confini generazionali chiari;
- l’abilità nel bilanciare intimità e distanza nelle relazioni intrafamiliari. [1]
Esamineremo singolarmente ogni punto addentrandoci un poco in ognuno di loro. Premetto che mi occuperò di questa prospettiva da un punto di vista familiare. Parlerò cioè specificamente di come queste cose avvengano all’interno di un sistema familiare. Questo non vuol dire che non possano essere anche applicate al singolo. Bisognerebbe solo considerare che questo passaggio, dal sistema famiglia all’individuo, debba essere fatto con una certa attenzione, cercando di evitare estensioni categoriche dalla famiglia all’individuo e viceversa. Sono fermamente convinto che non esista un individuo separato da un sistema di riferimento di cui fa parte, per questo prendo in considerazione il sistema di riferimento con il quale entriamo a far parte, nel bene e nel male, subito dopo (ma in realtà anche prima!) della nascita. Questa premessa è doverosa per dare addito al punto di vista dal quale esaminerò la cosa. Cercherò di illustrare ogni punto anche grazie all’ausilio di un caso clinico che possa rendere più semplice la comprensione del mio punto di vista. Tengo ad un’ultima precisazione: questo lavoro, come tutti i miei lavori, vuole essere inclusivo più che esclusivo e vuole, perciò, riferirsi a tutti i tipi di famiglie attualmente presenti nella nostra società: famiglie nucleari, estese, di fatto, omosessuali, etc.
– Continua –
[1] Malagoli Togliatti M., Ardone R. (1993), Adolescenti e genitori, La Nuova Italia Scientifica, Roma, pag. 56
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Pur essendo un singolo e non avendo famiglia, questo argomento è molto interessante e mi fà piacere seguire l’evolversi di questo studio. I quattro punti di approfondimento sono molto importanti e da questi si potrà con il tempo svilupparne altri. Sono ansioso di seguire passo per passo questo studio. Il primo punto: i conflitti cosa sono e da cosa nascono. Aspettando la prossima pubblicazione un augurio di coinvolgimento a tutti per i commenti. Antonello