Sulla durata della terapia…

Sulla durata della terapia...Tornando all’argomento legato al tempo in terapia vi volevo specificare alcuni dettagli del tempo in terapia nella mia modalità lavorativa. Credo che ogni psicologo abbia una traccia riguardo questo, un suo modus operandi che lo orienta nelle scelte legate al processo col paziente. Come vi ho accennato, una delle mie convinzioni riguarda la cadenza settimanale per lo meno nel primo periodo di terapia. La cadenza settimanale è necessaria non solo per stabilizzare la relazione, ma anche per permettere la conoscenza della persona. Questa cadenza è da tenere, verosimilmente, per alcuni mesi, dopo di che si può pensare ad un cadenzamento più distanziato. Questo timing dipende da vari fattori: come sta la persona, come si senta e dal fatto che si senta bene nell’allungare i tempi della terapia. Quanto a lungo duri questo, abbiamo detto, dipende dall’esito della terapia stessa. Ed eccoci al casus belli (oggi sono per i riferimenti in latino!): qual è l’esito della terapia? Molti di voi risponderebbero ‘la guarigione’. Ovviamente, credo che il miglioramento della condizione problematica, il sintomo, che ha portato la persona a rivolgersi ad uno psicologo sia un primo passo. Ma è anche l’ultimo? Penso che il sintomo sia una sorta di segnale che emerge per dirci come qualcosa di noi stessi non ci vada più bene, un richiamo che comunica la possibilità di percepire qualcosa di più di noi: perché quel sintomo è nato? cosa ci sta descrivendo? come dobbiamo vederlo? Che significato ha per noi la sua presenza? Queste domande presuppongono una curiosità su noi stessi che tendiamo spesso a mettere da parte. Dov’è allora la guarigione? Nella sparizione del sintomo? O in una nostra migliore conoscenza? Credo debba essere questo l’esito della terapia. Può essere una strada in salita ma questa curiosità può poi sfociare in un modo migliore di rapportarci a noi stessi. E quindi avremmo la possibilità di soffermarci a dare una lettura più profonda della nostra stessa vita e di ciò che essa significhi per noi. Il tutto a partire da quel sintomo che consideriamo essenzialmente un problema. Tutto si rovescia, e acquista una nuova valenza: la guarigione (si può guarire non essendo stati malati?), il sintomo (da combattere o da ascoltare?), il senso (è un problema o un opportunità?) Tornerò su questo argomento. Voi, intanto, che ne pensate?

A presto…

Fabrizio

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2 risposte a “Sulla durata della terapia…”

  1. Secondo me l’esito della terapia è stare bene senza che ci sia una ragione.Non intendo felicità o euforia ma proprio benessere, tranquillità e la consapevolezza che, se le cose non vanno bene e ci sentiamo un pò tristi, abbiamo una serie di carte da giocare per riprenderci.La durata dipende da quanto ci “diamo”.Io sono stata un pò diesel e mi sono fatta un monte di problemi sulla presunta eccessiva durata della mia terapia ma contemporaneamente ero terrorizzata dall’idea di smettere e ritrovarmi sola e disperata.Ora sono quasi 3 mesi che non vado e forse sono sola, ma sicuramente non sono disperata!

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