L’ipersessualità è una malattia?

L'ipersessualità è una malattiaVi riporto i risultati di uno studio svolto negli Stati Uniti che dimostrerebbe come l’ipersessualità (sex addiction) possa essere considerata un vero e proprio disturbo mentale. Lo studio è stato condotto dalla University of California di Los Angeles (Ucla) che avrebbe testato i criteri per diagnosticare come disturbo. Il team che ha svolto l’indagine, composto da un’equipe di psichiatri, psicologi, terapisti di coppia ed assistenti sociali che hanno validato i criteri individuati, considerandoli utili per poter arrivare a una diagnosi di questo tipo di problema che in Italia riguarda il 6% degli uomini e il 3% delle donne. Questo team di esperti sarebbe arrivato alla considerazione che la sex addiction sarebbe una forma di patologia e che andrebbe inserita nella revisione del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) il testo che contiene tutti i criteri diagnostici delle patologie oggi ufficialmente riconosciute. Per essere ammessi alla classificazione nel DSM-V, la cui nuova edizione (ora siamo al DSM-IV) è prevista per il 2013, le classificazioni nosografiche devono essere non solo molto precise ma anche temporalmente definite. Nell’articolo si fa cenno ai sintomi rilevabili nella sex addiction: i criteri diagnostici (…) includono una serie di sintomi (…) tra cui la ricorrenza ossessiva di fantasie sessuali, manifestazioni di dipendenza sessuale che durano sei mesi o più e che non sono riconducibili ad altre cause come abuso di sostanze, disturbo bipolare. Inoltre, perché sia fatta una diagnosi di ipersessualità devono verificarsi attività o comportamenti legati alla sessualità anche in presenza di stati emotivi poco piacevoli come la depressione o il ricorso al sesso come strategia per combattere lo stress. In più, deve trattarsi di persone che hanno provato a ridurre o fermare la compulsione sessuale senza riuscirci e la cui vita di relazione e professionale è stata negativamente condizionata. La sex addiction sarebbe una di quelle dipendenze ‘nuove’per le quali si lavora alla classificazione, come la dipendenza nel gioco d’azzardo o lo shopping compulsivo. Secondo Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Psichiatria dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano il meccanismo è identico a quello che si verifica con la dipendenza da droghe o alcol perché vengono attivate le stesse aree del cervello e sarebbero le nuove frontiere per definire le patologie che stanno letteralmente esplodendo in questi ultimi anni come la dipendenza dal gioco d’azzardo o la dipendenza da internet.

Questo tipo di risultati, con le conseguenti classificazioni, mi lasciano spesso perplesso. Mi chiedo perché questo tipo d comportamento non può risultare tra i disturbi ossessivo compulsivi. Non potrebbero essere delle specificazioni di un disturbo più ampio? Il DSM sarebbe così molto più ‘pratico’ dal momento che qualunque patologia ufficialmente riconosciuta rientrerebbe all’interno di una classificazione più ampia che la ricomprende e la significa meglio. La strada che si sta seguendo, invece, è totalmente contraria e assistiamo ad una continua suddivisione e segmentazione delle patologie in quadri sempre più circoscritti e limitati. A cosa porta questa parcellizzazione dei disturbi psichiatrici, questa continua rincorsa a definire qualunque tipo di disturbo umano e farlo rientrare in una categoria diagnostica a parte? Temo sia essenzialmente dovuta a motivi economici. Il fatto che esiste una diagnosi, che venga ufficialmente riconosciuta, che sia condivisa, comporta non solo la nascita dello specialista che se ne dovrebbe occupare ma anche, e soprattutto, della terapia farmacologica sottostante. E non dimentichiamo di quanto possa essere potente la spinta delle case farmaceutiche per vedere riconosciute delle patologie per le quali, poi, sarà necessario indicare e chiarire il farmaco da utilizzare. Tutto questo, lungi dal migliorare la comprensione del comportamento umano, rende se vogliamo ancora più difficoltoso capire le ragioni di una persona. E ci si trova spesso davanti a diagnosi per le quali risulta difficile capire la ragione.

Intanto il link: qui

L’articolo è di Irma D’Aria

Che ne pensate?

A presto…

Fabrizio

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Cosa chiedono i genitori alla scuola?

Cosa chiedono i genitori alla scuolaCome vi avevo raccontato in un post di qualche tempo fa (La complessità sui banchi di scuola(1) e (2)), tra le varie esperienze di quest’anno, ho avuto modo di lavorare in una scuola di Cagliari per cercare di intercettare e risolvere il clima di compromissione collaborativa che si stava instaurando tra la scuola e i genitori dei ragazzi. Mi sono accorto, per la prima volta dall’interno, di quanto fosse complesso e sfaccettato il mondo scolastico, di quante problematiche potessero essere insiti i rapporti tra le parti, di quale ruolo comunicativo dovesse essere tenuto presente per cercare di comprendere come gestire al meglio la comunicazione tra le varie parti che compongono il sistema nella sua interezza. Ovviamente sono emerse con forza, e non potevano non farlo, anche le aspettative sui ruoli, sia da parte degli insegnanti nei confronti dell’istituzione scuola e dei genitori dei loro alunni, sia, inevitabilmente, dei genitori verso la scuola.

Più volte mi sono ritrovato a pensare cosa volessero le parti l’una dall’altra, tenendo conto di quelle che sono le rappresentazioni da entrambe le parti. Separatamente i genitori pensano che gli insegnanti non abbiamo genericamente più voglia di fare, non abbiano entusiasmo, siano presi troppo dalla loro vita personale per occuparsi bene di ciò che succede a scuola. L’accusa che gli insegnanti muovono più spesso ai genitori è quella di non volerli più educare, di aver abdicato al loro naturale ruolo educativo e di demandare questo ad istituzioni esterne (scuola in primo luogo, ma anche sport ecc…) e, nell’offerta proposta dagli altri, di non essere mai allineati con la scuola ma anzi piuttosto critici. Ho letto un interessante libro su queste tematiche. L’autrice, Manuela Rosci si occupa di problematiche legate al mondo della scuola nella Regione Lazio e cura il sito www.lascuolapossibile.it.  Secondo l’autrice entrambi i ruoli, quello del genitore e dell’insegnante sono due ruoli educativi (…) svolti da persone che sono alle prese con il loro mondo interiore, con le loro interpretazioni di ciò che è il bene del proprio figlio/del proprio alunno. E’ proprio questa l’essenza della relazione: entrambi, genitori e docenti, hanno aspettative e fanno scelte per e sulla stessa persona (figlio/alunno). Il rischio potrebbe essere quello di non andare nella stessa direzione o, meglio, di non riconoscere il valore dell’altro in questo “gioco” che è la crescita e la formazione dell’individuo. [1] 

L’autrice sostiene la necessità che genitori ed insegnanti concordino sullo stesso fronte dell’alleanza educativa un patto che dovrebbe sancire la convergenza verso temi comuni che possono essere condivisi e supportati da entrambi i lati del versante educativo. Ovviamente le parti, per il ruolo e le funzioni che rivestono, hanno un diverso approccio e hanno diverse richieste nei confronti della scuola. Cosa chiedono i genitori alla scuola? Cosa chiedono invece gli insegnanti? Vediamoli separatamente: un genitore chiede essenzialmente che i suoi figli siano “normali” e “funzionino bene” e che a scuola vada tutto liscio! Questa esigenza di sapere che i nostri figli stanno acquisendo “bene” e che stanno sviluppando sempre più capacità di relazionarsi “bene” con gli altri ci accompagna per tutto il percorso scolastico e il nostro atteggiamento potrà spostarsi lungo l’asse “sono molto tranquillo/sono molto ansioso per come procedono le cose”. In sintesi il genitore chiede alla scuola di essere rassicurato, di mantenere quindi uno stato di sicurezza che è dato, appunto, dal sentire le persone e l’ambiente scolastico sicuro e capace di assolvere a questo ruolo genitoriale. (…)

Ancora un genitore chiede alla scuola di essere all’altezza di suo figlio, di saperlo accompagnare, di sapergli dare quelle cose che servono nella vita e, anche, di essere riconosciuti come genitori competenti, che fanno quello che possono e intendono scegliere per il figlio. Certo la fragilità dell’adulto di oggi, l’instabilità affettiva e professionale diffusa, la mancanza di prospettive possono ingenerare errori di valutazione su cosa è meglio fare, incapacità di operare scelte (che a volte vengono perfino lasciate ai figli), deresponsabilizzazione e attribuzioni di ‘colpe agli altri (“è l’insegnante che non lo capisce”, “è la scuola che non funziona!”) senza sentirsi parte integrante del gioco. [1]

L’analisi è secondo me, molto valida perché mette assieme molti dei possibili punti di vista: relazionale scuola-genitori, rassicurazione sulla formazione dei figli e sulla loro adeguatezza come genitori. Vedremo in un altro post il punto di vista degli altri attori in gioco, gli insegnanti.

Che ne pensate?

– Continua –

 [1] Rosci, M. (2010), Scuola: istruzioni per l’uso, Giunti Demetra, Firenze, pp. 14-20

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Settimana del benessere psicologico

settimana-benessere-psicologico giustaDal 07 al 13 ottobre si svolgerà, promossa dall’ordine degli Psicologi della Regione Sardegna, la prima edizione della Settimana del Benessere Psicologico. L’iniziativa consiste in una serie di proposte (seminari, workshop, conferenze) che permettano di avvicinare le persone ad una professione, quella dello psicologo e dello psicoterapeuta, spesso percepite come lontane e distanti. Si terranno, quindi, una serie di dibattiti, seminari, e aperture di studi con la finalità di avvicinare la nostra professione alle persone che ne sono interessate.

Ho aderito con entusiasmo a questo progetto, pensando di offrire un colloquio di consulenza gratuito a coloro che ne fossero interessati (bambini, adolescenti, adulti, coppie e famiglie). Chi volesse approfittare dell’iniziativa può contattarmi tramite:

– telefono: 392 0008369;

– mail: fabrizioboninu@gmail.com.

I colloqui si svolgeranno presso il mio studio in Piazza Salento, 7 Cagliari.

Coloro che invece volessero un elenco completo di tutte le iniziative che diversi colleghi svolgeranno durante l’intera settimana può cliccare su Calendario Eventi Settimana del Benessere Psicologico. Sarete reindirizzati sulla pagina del sito dell’Ordine degli Psicologi dell Sardegna all’interno della quale troverete, divise giorno per giorno, tutte le iniziative che sono state programmate durante tutta la settimana. Spero l’iniziativa riscuota il successo e la visibilità che penso meriti.

Fatemi sapere che ne pensate.

A presto…

Fabrizio Boninu

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