Non so se avete fatto caso, ma lo stillicidio di notizie di questo tipo è ormai quotidiano. Quasi tutti i giorni accade che una vicenda, condivisa su internet e sui diversi social network, qualunque sia il tema o l’argomento trattato, scateni una massa di commenti spesso triviali, retrogradi, incolti che lasciano attoniti. Non c’è alcuna remora nell’insultare, nel denigrare, nell’offendere persone che non si è mai conosciuti. Io stesso ho avuto esperienza diretta di questo modus operandi di molte persone: offese del tutto gratuite, scherni e dileggi semplicemente perché non si condividevano le mie posizioni.
Fin qui, direte, nulla di nuovo sotto il sole. Ho già affrontato l’argomento della deriva aggressiva del confronto su internet (clicca qui per saperne di più). La novità è che vorrei legare questo atteggiamento, che secondo me è la punta di un iceberg ben più grosso, con altri episodi che vedono protagonisti ragazzi adolescenti e internet. Convinto che l’associazione non sia per nulla casuale, si assiste anche in questo caso in maniera esponenzialmente sempre più frequente, ad episodi nei quali ragazzi (o ragazze naturalmente) adolescenti o preadolescenti condividano e diffondano loro foto private personali in atteggiamenti intimi, soli o con altre persone coetanee. Il mezzo informatico è ormai utilizzato quotidianamente da quasi tutti noi. E’ entrato a far parte della nostra esperienza giornaliera, un po’ come utilizzare il frigo o utilizzare la luce elettrica. Come tutti gli automatismi, non ci rendiamo neanche conto di utilizzarlo se non accadono degli intoppi nel suo stesso utilizzo. In questi casi però, quando ci si rende conto dell’intoppo, il danno è ormai fatto. E quando le conseguenze sono tragiche, gli ‘intoppi’ sono particolarmente pesanti. E’ accaduto a Cagliari all’inizio del mese di Febbraio, un fatto di cronaca particolarmente sconcertante: una ragazza di 16 anni pone fine alla sua giovane vita. Poco tempo e iniziano a comparire sulla sua bacheca di Facebook insulti e derisioni rispetto a quanto successo. Suoi stessi coetanei si avventuravano in battute di scherno e di irrispetto in un momento tragico. La domanda che mi ronzava in mente era: a cosa è dovuta quest’insensibilità? Cosa spinge dei ragazzi perfettamente ‘normali’ a compiere atti di questo tipo? Cosa spinge le persone ad insultarsi in maniera pesantissima su Internet qualunque sia l’argomento del quale si parla? Abbiamo parlato di insulti su internet, di atti osceni diffusi tramite internet e di cyberbullismo. Cosa unisce questi tre fattori?
Fondamentalmente credo che alla base di tutto questo ci sia la totale inconsapevolezza del mezzo che si sta utilizzando. Questo aspetto può riguardare sia adulti che ragazzi ma in questo post voglio concentrarmi sui secondi. Soprattutto i ragazzi, si trovano spesso soli a maneggiare e a gestire un mondo che è assolutamente più grande di loro e per il quale nessuno ha fornito loro uno strumento di comprensione. All’interno di Internet tutto sembra un gioco, tutto sembra facile, tutto sembra a portata di clic, tutto sembra possibile, e niente sembra avere conseguenze: tanto quella cosa li non è ‘reale’. È una realtà virtuale dalla quale si può uscire nel momento stesso in cui lo si desidera. Questo pensiero si trasforma spesso in una trappola. Un tempo la fruizione di internet era limitata all’uso di un pc: ora l’accesso ad internet è praticamente costante attraverso i telefoni. Molti ragazzi ne possiedono uno e hanno piani tariffari che consentono la navigazione su internet costantemente. Naturalmente molti pochi adulti si preoccupano di spiegare o di stare vicino a questi ragazzi nell’uso di tanta potenza. L’inconsapevolezza dei ragazzi, infatti è specchio dell’inconsapevolezza dei tanti adulti che non si preoccupano minimamente di aiutare o di dare degli strumenti di comprensione a questi ragazzi. Probabilmente non avendone avuto a loro volta. Sarebbe come se mettessimo loro in mano un’arma non spiegando come funziona, e stupendoci poi che l’uso di quest’arma possa provocare feriti o, peggio, morti. Ed anche questo è solo la punta di un disinteresse totale che il mondo degli adulti rivolge ai suoi ragazzi.
Presi da mille incombenze e, non di rado, spaventati dalla loro crescita, troppi adulti semplicemente li lasciano a loro stessi, senza nessun sostegno e senza nessun supporto, non fornendo loro nessuno strumento per capire il mondo all’interno del quale stanno iniziando a muoversi. Questo disorienta moltissimo i ragazzi che si trovano a non avere figure adulte di riferimento con le quali potersi confrontare e impedisce loro di acquisire la consapevolezza e l’autonomia necessarie nel mondo adulto. L’unica soluzione è un ripensamento totale del patto generazionale tra adulti e ragazzi. Stare loro vicini, fornire loro un orecchio (e un cuore) che li ascolti può veramente fare la differenza. Sento già l’obiezione che mi si potrebbe muovere, sopratutto da parte di chi ha figli adolescenti: ‘Ma io cerco di ascoltare mio figlio e lui che non vuole ascoltare o parlare con me!’. Cosa fare in questo caso? Non reputo necessario che l’adulto di riferimento sia uno dei due genitori. Succede spesso che durante l’adolescenza i ragazzi abbiano bisogno di disconfermare le figure genitoriali e debbano in questo senso metterglisi contro. Sta all’intelligenza degli adulti capirlo e trovare una ‘figura adulta fiduciaria’ che il ragazzo riconosce come degno di stima e del quale i genitori stessi si fidino. Attenzione, non sto parlando solo di psicologi: potrebbe essere un amico/a dei genitori, un parente, un allenatore qualcuno che possa fungere da intermediario tra la figura genitoriale e il ragazzo. Una persona che possa servire da riferimento ed affiancare i ragazzi nella consapevolezza di quello che stanno facendo.
Confrontandomi spesso, per motivi professionali, con la realtà di ragazzi pieni di tutto ma sostanzialmente abbandonati a se stessi, credo che qualunque passo fatto nella direzione di ascoltarli e supportarli non possa non essere l’obiettivo condiviso di ognuno di noi.
Che ne pensate?
A presto…
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