Eccomi a raccontarvi uno dei film forse più disturbanti visto da un po’ di tempo a questa parte. Il tema è abbastanza complesso e ricco di sfaccettature. Un film che mi ha colpito molto sia per il tema trattato, che per la bravura di regista e attori.
Il film in questione si intitola Hungry hearts, letteralmente Cuori affamati, scritto e diretto da Saverio Costanzo, e interpretato con straordinaria bravura da Alba Rohrwacher nel ruolo di Mina e Adam Driver nel ruolo di Jude.
Il film racconta la storia di Mina e Jude, due giovani il cui primo incontro avviene in maniera abbastanza imbarazzante ma che costituisce una sorta di presagio a quello che capiterà tra i due. Nella prima parte, viene raccontata la genesi del loro rapporto, dall’episodio nel bagno del ristorante giapponese fino alla costruzione del loro rapporto.
Dopo qualche tempo arriva con loro, ma soprattutto tra loro, un figlio. Questo fattore costituisce il punto di rottura nei rapporti tra i genitori. Il bimbo, anziché costituire un ulteriore legame nella relazione genitoriale, si frappone fra i due genitori diventando causa scatenante delle ossessioni della madre. Mina, inizia gradualmente a chiudersi nel rapporto col figlio tagliando fuori il mondo esterno sotto tutti i punti di vista. Per cercare di garantire la purezza del figlio, arriva a non fargli mangiare altro se non cibo di sola origine vegetale che lei stessa coltiva su una sorta di serra sulla terrazza di casa. Il bambino non viene portato mai fuori: il mondo esterno è percepito come ostile, pericoloso, avvelenato. Da evitare. La loro casa diventa un piccolo mondo asfittico, deformato nelle stesse inquadrature dei personaggi che assumono contorni sformati ed alterati. Anche la relazione tra madre e piccolo diventa sempre più esclusiva e in Mina aumentano le difficoltà anche a far toccare il bambino dal padre che, venendo ogni giorno a contatto col mondo esterno, è sempre più contaminato. Il rapporto con Jude inizia a farsi complicato. La vitalità che sorreggeva il loro rapporto si è tramutata ormai in un clima di pericoloso sospetto, nel quale entrambi attribuiscono all’altro la pericolosità per la salute del bambino. La loro vita di coppia, finanche la loro vita sessuale è tramontata sotto la scure pesantissima dell’ossessione. Jude si rende conto del fatto che il comportamento di Mina è sempre più pericoloso e riesce, con una sorta di sotterfugio, a far visitare di nascosto il bambino da un medico che ne constata il grave stato di denutrizione e il mancato accrescimento. Questo provoca una sempre più forte perdita di fiducia tra entrambi i genitori, una perdita di sfiducia che sfalderà inesorabilmente il noi coniugale a favore di due io contrapposti, sublimati nelle frasi di Mina ‘Io so cosa è meglio per lui’ o in ‘tu hai fatto male a mio figlio’. Fine del noi, fine del nostro. Il contrapporsi di due visioni completamente differenti su cosa sia proprio fare, sfocerà in un esito che evito di raccontarvi per non rovinarvi il film.
Come dicevo, il film mi ha particolarmente colpito per l’apparente discrasia che esiste tra le intenzioni della mamma, quella di fare il bene del proprio figlio, ed i risultati manifesti. La nascita e la crescita del figlio diventano vere e proprie ossessioni: il mantenimento della purezza del bimbo diventa lo scopo ultimo dietro al quale deve attendere tutto, persino la sua vita, tanto che si annulla nella crescita di questo bambino.
Ho letto che molte persone, in questo film, hanno visto una critica all’alimentazione vegetariana soprattutto se destinata ai bambini. Non sono d’accordo, non credo sia questo il punto principale della narrazione. Credo che il tema principale sia: cosa succede quando un figlio diventa l’unica ragione di vita? Cosa accade quando l’amore è solo un pretesto e un figlio è solo il modo per creare un senso alla nostra vita? In tutto il film aleggia una fortissima solitudine che accentua ancora di più lo spaesamento dei protagonisti. Ambientato a New York, alienante di per sé come ogni grande metropoli, i protagonisti si trovano a muoversi da soli, non circondati da una rete di relazioni né amicali né familiari che possano costituire per loro motivo di sicurezza. Solo la mamma di Jude avvicina i due giovani nella loro vicenda. La storia familiare di Mina è molto sfilacciata. Orfana di madre, ha un padre che non vede mai e con il quale non è in buoni rapporti. Questa potrebbe essere una delle chiavi che possano far ‘comprendere’ ciò che poi Mina attua con suo figlio: un bimbo che ci ama come la cosa più preziosa del mondo non può che riscattare una vita nel quale l’amore è stato così assente. E nessuno correrebbe il rischio di inquinare la sola fonte di amore che sente di avere. Ed è necessario esercitare un forte controllo sulla fonte, un fortissimo possesso, in grado di riscattare una vita che ha avuto così poco emotivamente.
Ripeto, un film profondo e disturbante, sicuramente un film che non lascia indifferenti e costringe a riflettere su quelle che sono le conseguenze dell’amore, o meglio sulle conseguenze del mancato amore, quando tutto quello che sembra dare un senso alla nostra vita è quello di aggrapparsi all’amore delle persone che riescono a fornircelo nel modo più incondizionato: i bambini. Finendo, in questo attaccamento, per perdere di vista il valore più importante: il loro bene.
Se l’aveste visto e voleste condividere le vostre impressioni lasciate un commento o contattatemi per mail (fabrizioboninu@gmail.com).
A presto…
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