Il post di oggi riguarda un aspetto che spesso sottolineo all’interno dei miei articoli: l’importanza di quello che diciamo. Il linguaggio costituisce uno degli aspetti più importanti e probabilmente più sottovalutati della nostra realtà quotidiana. Credo sempre più fermamente che noi non ci limitiamo a usare le parole per descrivere la nostra realtà, ma che la nostra realtà sia costruita a partire da quello che noi diciamo. Insomma l’importanza del linguaggio non è un aspetto secondario ma è il modo con cui noi costruiamo la nostra stessa realtà.
A questo proposito ho trovato una testimonianza interessante nell’articolo del famoso scrittore Roberto Saviano che sulla versione on line del quotidiano La Repubblica (11.05.13) si occupa del tema indirettamente parlando della crescente arroganza o scortesia a cui assistiamo nel linguaggio corrente, sui social network o su internet in generale. Vi riporto il brano che ha attirato la mia attenzione:
L’educazione nel web, anzi l’educazione al web, sta ancora nascendo. Scegliere di usare un linguaggio piuttosto che un altro è fondamentale. Ogni contesto ha il suo linguaggio e quello dei social network per quanto diretto non è affatto colloquiale. Si nutre della finzione di parlare in confidenza a quattro amici, – il che giustificherebbe ogni maldicenza, ogni cattiveria – ma in realtà tutto quello che si dice è moltiplicato immediatamente all’infinito, ed è quindi il più pubblico dei discorsi. Non si tratta di essere ipocriti o politicamente corretti (espressione insopportabile per esprimere invece un concetto colmo di dignità), ma di comprendere che usare un linguaggio disciplinato, non aggressivo, costruisce un modo di stare al mondo. I linguisti Edward Sapir e Benjamin Whorf hanno teorizzato la relatività linguistica secondo cui le forme del linguaggio modificano, permeano, plasmano le forme del pensiero. Il modo in cui parlo, le cose che dico, e soprattutto come le dico, le parole che uso, renderanno il mondo in cui vivo in tutto simile a quello connesso alle mie parole. Se uso (non se conosco, ma proprio se uso) cento parole, il mio mondo si ridurrà a quelle cento parole. Noi siamo ciò che diciamo. Quindi il turpiloquio, l’insulto o l’aggressività costruiscono non una società più sincera ma una società peggiore. Sicuramente una società più violenta. I commenti biliosi degli utenti di Facebook e Twitter portano solo bile e veleno nelle vite di chi scrive e di chi legge. Purtroppo questa entropia del linguaggio sta contagiando anche la comunicazione politica, sempre all’inseguimento della grande semplificazione, della chiacchiera divertente e leggera, della battuta risolutiva. Spesso parole in libertà, senza riflessione, gaffe continue alle quali bisogna porre rimedio. La verità è che se ripeti in pubblico le fesserie dette in privato non sei onesto e gli altri ipocriti, sei semplicemente maleducato e in molti casi irresponsabile.
Mi sono già occupato del tema sull’uso dell’insulto o dell’aggressività sui social network (vedi per esempio Perché siamo così aggressivi su internet? ), e sono dunque d’accordo sull’analisi che fa Saviano rispetto al fatto che se una persona comunica le proprie idee in maniera maleducata non sia sincera ma solo, in ultima analisi, profondamente scortese. Il passo in più che intendo aggiungere riguarda il fatto che usando il turpiloquio, e considerando la premessa fatta circa l’idea che il linguaggio che utilizziamo ci costruisca, io svilisco anche me stesso, insulto anche il mio mondo e faccio si che quello che risalti nel mio modo di avvicinare le cose sia essenzialmente il turpiloquio o l’insulto. Questo modo di approcciare le cose porta a credere che un linguaggio scurrile o le offese siano i soli modi con i quali io posso comunicare con gli altri.
Ecco, credo sia un’aspetto sul quale portare maggiormente attenzione per evitare che diventi un automatismo pensare che questo sia il solo modo di comunicare le proprie idee. Se il nostro linguaggio costruisce la nostra realtà, essere più attenti e interessati a ciò che diciamo non potrà che migliorare la costruzione del nostro stesso mondo. Un mondo nel quale magari maleducazione non sarà sinonimo di sincerità.
Che ne pensate?
A presto…
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