Mentre stavo ritoccando il post Dottore, cosa devo fare? (20.10.11), mi capita di imbattermi (strana sincronicità!) su questo interessantissimo articolo del Corriere della Sera che, secondo me, tratta da un’altra angolazione il tema della responsabilità. Sono due campi di intervento diversi: il mio articolo si riferiva al poter prendere con autonomia delle decisioni riguardanti la propria vita senza dover incaricare qualcuno a farlo al posto nostro. In questo articolo che vi segnalo, invece, si parla della scelta della propria cura. In entrambi i casi mi sembra si stia parlando di maggiore responsabilizzazione del paziente rispetto al medico. Credo sia un cambiamento epistemologico enorme: si è passati da una visione molto riduttiva che presupponeva, nella relazione medica, una persona che sapeva (l’esperto) e una persona che non sapeva (il paziente), ad una visione molto più partecipativa. Nell’approccio giocato sugli opposti esperto/inesperto, la relazione è così sbilanciata che, giocoforza, il paziente, (inesperto di se stesso?) deve fare quello che il medico gli dice di fare. Credo che questa visione riduttiva del rapporto medico/paziente, già messa in discussione all’interno del setting psicoterapeutico, ora inizi a venire messa in discussione anche all’interno degli studi medici.
Non fraintendetemi. Non voglio con questo negare le competenze di uno dei due attori della relazione terapeutica. Ma questo sbilanciamento è solo apparente perchè se è vero che il medico (e lo psicologo!) sono esperti nei loro campi, altrettanto vero è che il maggior esperto della vita del paziente è… il paziente stesso! Credo, allora, che se queste competenze venissero impiegate per avvicinare piuttosto che allontanare (io sono l’esperto e ti dico cosa devi fare!) ne guadagnerebbe il rapporto tra i protagonisti e il rapporto di fiducia.
Nonchè la terapia stessa.
Eccovi il link:
L’articolo è di Daniela Natali.
A presto…
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Salve Simonetta, ho visto l’intervista della Pivetti e l’ho trovata molto interessante anche io. Testimoniava della bontà di questo tipo di percorso per ognuno di noi! Chi non può trarre lezioni preziose dal conoscersi un pò meglio?
E tra le due teorie e rapporti tra esperti e pazienti che dire della visione della malattia come sintomo di qualcosa che “sbrocca” all’interno e si manifesta come malattia.
Segnalo l’interessante intervista di Veronica Pivetti:
http://www.la7.it/invasionibarbariche/pvideo-stream?id=i506607
sul suo libro “Ho smesso di piangere” e sul ruolo dell’analista.