E’ uscita la nuova edizione, la quinta per l’esattezza, del celebre DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali. Questa edizione era largamente attesa perché ha introdotto notevoli differenze rispetto alle edizioni precedenti. Tutte positive? Non proprio. Le vedremo più avanti. Per chi non sapesse cosa sia questo manuale è necessaria una piccola introduzione. Il DSM è fondamentalmente la bibbia delle diagnosi psichiatriche. Contiene le classificazioni di quelle che ad oggi sono considerate malattie mentali, i criteri che devono essere presenti per emettere una diagnosi, i tempi lungo cui questi criteri devono comparire per poter essere classificati come tali. Il DSM è largamente usato in psichiatria proprio perché pone dei criteri ‘certi ed oggettivi’ per le classificazioni stesse. Come tutte le generalizzazioni, naturalmente, mostra anche i suoi limiti, ma sicuramente si è provato a fare un passo avanti rispetto alle edizioni precedenti. I passi avanti riguardano una maggiore attenzione riguardo alla razza, al sesso e all’etnia, cercando di prendere in considerazione dunque tutte quelle differenze legate ad una appartenenza sociale che altrimenti potrebbero essere classificate semplicemente come patologiche. Altri fattori positivi sono:
- Introduzione di nuove categorie per i disturbi dell’apprendimento e una categoria diagnostica unica per i disturbi dello spettro autistico, con inclusione di tutte le diagnosi dei disturbi autistici, sindrome di Asperger, disturbo dirompente dell’infanzia e disturbo pervasivo dello sviluppo (NAS). I membri del gruppo di lavoro inoltre raccomandano la modifica dell’etichetta diagnostica di “ritardo mentale”, da tramutare in “disabilità intellettuale”.
- Eliminazione delle attuali diagnosi di abuso da sostanze e dipendenza a favore della nuova categoria “dipendenze e disturbi correlati”. Questi includono disturbi da abuso di sostanza, dove ogni tipo di sostanza viene definita con la propria specifica categoria diagnostica. In questo modo sarà più semplice distinguere tra la ricerca compulsiva di sostanze, nell’ambito della dipendenza (“craving”), e la normale riposta di aumento della tolleranza nei casi di pazienti che usano quei farmaci che alterano il sistema nervoso centrale.
- Creazione di una nuova categoria diagnostica per le “dipendenze comportamentali” in qui verrà inserito il “gambling”. Alcuni specialisti hanno richiesto l’inclusione, all’interno di questa categoria, anche della dipendenza da internet, ma ancora non esistono dati sufficienti per rendere ufficiale tale inserimento. Al contrario, però, questa diagnosi verrà inserita in appendice, con lo scopo di promuovere studi sull’argomento.
- Inserimento di nuove scale per valutare il rischio suicidiario in adulti e adolescenti, con lo scopo di aiutare i clinici ad identificare coloro maggiormente a rischio. Le scale includono criteri derivati da ricerche sull’argomento, come ad esempio l’impulsività e l’uso di alcol in adolescenza.
- Considerazione di una nuova categoria di “sindromi a rischio” (“risk syndromes”), per aiutare i clinici a identificare precocemente eventuali disturbi mentali gravi, come demenza e psicosi.
- Inserimento della categoria diagnostica di “disregolazione del temperamento con disforia” (temper dysregulation with dysphoria, TDD), all’interno della sezione dei Disturbi dell’umore. I nuovi criteri saranno basati su studi precedenti con lo scopo di aiutare i clinici a distinguere i bambini con TDD da coloro i quali presentano un disturbo bipolare o un disturbo di tipo oppositivo provocatorio.
- Riconoscimento del disturbo da alimentazione incontrollata e criteri più adeguati per le diagnosi di Anoressia (AN) e Bulimia nervosa (BN). [1]
Accanto ad aspetti positivi ve ne sono altri decisamente più discutibili che andrebbero valutati con attenzione. In un articolo rilasciato dal Fatto quotidiano (sotto trovate il link per poterlo leggere) lo psichiatra Paolo Migone dell’Università di Parma sostiene come, tra i peggioramenti dell’attuale edizione del DSM ci sia l’abbassamento delle soglie per la diagnosi (ridotto il numero di sintomi sufficienti a dire che una persona è malata), col risultato che si creeranno molti falsi positivi con conseguente aumento di consumo di farmaci, che peraltro aumenteranno i costi per il Servizio sanitario nazionale e i cittadini”. (…) Tante le nuove malattie ‘create’ dal DSM-5, per esempio il disturbo di disregolazione dirompente dell’umore che medicalizzerà gli scatti di rabbia, con conseguenze soprattutto sui bambini. La tristezza del lutto diverrà depressione, con somministrazione di farmaci inutili a quanti hanno perso una persona amata e vivono il lutto più a lungo del “normale”. Normali dimenticanze e defaillance cognitive degli anziani verranno diagnosticate come disturbo neurocognitivo minore, creando falsi allarmi e sofferenze in persone che non svilupperanno mai una demenza e anche chi la svilupperà, dato che non vi è una terapia per curarli (…). Aumenteranno le diagnosi di iperattività e deficit d’attenzione (ADHD) soprattutto nell’adulto, con crescita dell’abuso di stimolanti. A causa dell’abbassamento della soglia diagnostica del disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating), abbuffarsi 12 volte in tre mesi non sarà più segno di golosità, ma malattia mentale. Per di più, continua Migone, l’introduzione del concetto di ‘dipendenze comportamentalì (le nuove dipendenze) potrà “favorire una cultura secondo cui tutto ciò che ci piace molto diventa disturbo mentale. [2]
Come potete vedere non mancano sicuramente i punti critici sopratutto per coloro che ritengono eccessiva questa medicalizzazione di molti comportamenti umani con il rischio che provochino un aumento del consumo di psicofarmaci. Non tutti sono d’accordo su questo tipo di lettura dal momento che il DSM V offre classificazioni diagnostiche che erano state appena abbozzate nelle edizioni precedenti. Insomma pro e contro di quello che sostanzialmente è e rimane solo uno strumento. Uno strumento decisamente importante, va detto, ma il cui uso è reso utile e fruttuoso solamente dalla persona che quello strumento usa e maneggia. Non è necessario essere degli esperti per sapere che qualunque strumento anche se ottimo non ha nessuna validità se utilizzato impropriamente. Il DSM V, con tutte le accortezze del caso naturalmente visto che stiamo parlando di persone, non fa eccezione e deve essere utilizzato con attenzione. Solo questo renderà il suo utilizzo utile e non superfluo. Chi volesse consultare le pagine citate trova i link alla fine della pagina. L’articolo, come detto, è del Fatto Quotidiano.
Che ne pensate?
A presto…
[1] Wikipedia (DSM)
[2] Se voleste leggere l’articolo cliccate qui
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Ho letto un libriccino sulla psicoterapia perché ero curioso di conoscere quali erano gli strumenti del medico che cura con la psicoterapia e ho capito che le causalità patologiche pubblicate dagli studiosi costituiscono il punto di partenza del percorso terapeutico. Quel trattato è stato il filo di Arianna su cui ho inanellato diverse letture, fiabe, romanzi, saggi e biografie che ho messo nel mio zaino da quando andavo a scuola. La cosa bella è che, nei momenti difficili, ho sempre trovato persone che mi hanno aiutato a ritrovare lo zaino di cui mi ero dimenticato…