3) La formazione di confini generazionali chiari
Questo punto sarà particolarmente indigesto per le persone che sono dell’idea che i genitori debbano essere amici per i figli. Ora non allarmatevi, non cerco di sostenere il punto per cui le esigenze dei figli e quelle dei genitori non possano avvicinarsi. Il senso di questo punto sta nel fatto che ci deve essere una distinzione tra i diversi ambiti generazionali sia verso il basso che verso l’alto. Nel senso che il confine deve essere sia tra la generazione dei genitori e quella dei figli sia tra quella dei genitori che quella dei nonni. All’interno di un sistema confuso, nel quale i confini, e giocoforza le funzioni, non si sa su quale figura siano depositate, non può che creare un movimento di confusione, di non chiarezza, nel momento in cui non si riesce in qualche modo a coprire un ruolo. All’interno di una famiglia sono necessari dei ruoli, delle posizioni, che spesso è scomodo mantenere. Uno dei momenti più critici è, per esempio, la crescita dei figli soprattutto il momento in cui questi o questo diventano adolescenti. Questo provoca una necessaria ristrutturazione dei ruoli, delle funzioni in vista del cambiamento di fase di vita cui la famiglia stessa attraversa. In questa fase è necessario che chi è appartenuto (il figlio) debba in qualche modo ribellarsi per potersi percepire autonomo e in grado di vedersi come indipendente. Perché avvenga questo passaggio è spesso necessario che ci si scontri, che ci si definisca a partire da quelle che sono i ruoli genitoriali. Questa posizione non sempre è facile da reggere per il genitore che potrebbe essere tentato di fare l’amico, posizione sicuramente più facile. In caso l’adolescente abbia bisogno dello scontro per testare le sue forze, o di testare la possibilità di alzare il tiro, se dall’altra parte trova una sorta di muro di gomma che tutto ingloba, il processo di differenziazione potrebbe essere più problematico.
E’ ovvio che questi confini generazionali non debbano essere rigidi, possono avere una certa elasticità.
Proviamo ad immaginare per quale motivo un figlio possa arrivare a scontrarsi apertamente con i genitori. Per lui/lei si tratta di un test, una sorta di prova di forza che gli da l’idea di quanto possa spingersi, o di quanto possa reggere lo scontro con l’altro. Se manca la controparte di questo scontro come può fare questo tipo di test? Semplicemente non può. Questa situazione frustrante viene superata aumentando l’escalation dello scontro che può provocare ancora più smarrimento nei genitori che quindi mollano quella funzione genitoriale e gerarchica di contenimento per il figlio. Voglio dire: se i genitori si accollassero la loro funzione sarebbero appunto contenitivi nei confronti della costruzione di identità del figlio/a.
Cristian, bambino di 6 anni si scontra spesso con i genitori fin quando questi non cedono e non fanno esattamente ciò che lui chiede. “Mi creda dottore ci ho provato ma non cambia nulla, non riesco a calmarlo, potrebbe piangere per ore”. Cosa possiamo notare in questo caso? Sembra ci sia una gestione paritaria del potere tra figlio e genitori. Dove sono le funzioni genitoriali per cui le regole dovrebbero essere trasmesse al bambino? Non ci sono perché la lotta ha un solo vincitore: Cristian naturalmente. Questa situazione parla della forza di Cristian o della debolezza dei genitori di reggere il carico della loro stessa genitorialità? Quanto per loro risulti angoscioso questo continuo braccio di ferro tra loro e il figlio?
In tutte le fasi della vita ci sono dei confini, e dei ruoli che andrebbero mantenuti. L’elasticità di questi testimonia le premesse di una famiglia realizzante!
-(continua) –
Tutti i diritti riservati
sono perfettamente d’accordo con te … ma non credo che a vincere sia la forza di Cristian … quella che definisci tale, secondo me, è invece una forte debolezza ed insicurezza che si manifesta con caratteri forti ma che sotto sotto non ha alcuna sostanza … la sostanza si crea nel tempo a causa del mancato ruolo genitoriale … il ragazzo si fa sostanza da solo e quando prenderà piede sarà troppo tardi per i genitori …. a me vengono i brividi quando sento genitori che dicono “io sono amico di mio figlio” … mi verrebbe voglia di dire tu sei un genitore e devi essere un punto di riferimento SOLIDO per tuo figlio, e la tua solidità è necessaria ai fini contenitivi … l’amico ha un altro ruolo!!!! purtroppo si ha l’idea che più un figlio racconta di se più lo si ha sotto controllo … a parte che tutti siamo stati figli e tutti sappiamo bene che ai nostri genitori raccontiamo quello che vogliamo raccontare… inutile che un genitore si illuda “a ma mio figlio mi racconta tutto” … e poi non è nemmeno giusto che un figlio racconti tutto perchè ci sono degli spazi di vita che deve condividere con i propri coetanei, perchè deve saper sbattere il muso anche da solo nelle situazioni e cercare il modo di risolvere provando anche quel timore di essere scoperto da un genitore e quindi di aver la consapevolezza che ciò che sta facendo forse non è del tutto corretto … insomma … ogni ruolo ha i suoi compiti, i suoi diritti, i suoi doveri e questa mescolanza di ruoli non fa altro che creare destabilizzazione tra gli adolescenti che non hanno quasi più punti di riferimento … poi ci chiediamo perchè si buttano nella droga…