Eccovi un caso clinico che tenevo a raccontare per sapere quali possono essere le vostre impressioni.
Sara, ragazzina di 12 anni. Sveglia, intelligente, perfettamente ‘normale’. Il problema? Timida. Immaginate qualcosa di peggio per la nostra società? La vedo da qualche tempo e credo che tra noi si sia instaurato un ottimo rapporto. Noto anch’io che può non avere facilità di rapporti, ma non è qualcosa che considero problematico. Ci ha messo del tempo ma ora si fida di me ed io credo che non abbia alcun problema nonostante i genitori credano vadano inquadrate meglio alcune sue tendenze come questa all’isolamento. Più volte parlo con lei sulla sua volontà di stare con gli altri ma mi risponde sempre con un buon senso al quale non posso obiettare nulla: non le piace parlare con gli sconosciuti, prima di dare confidenza ha bisogno di tempo, le persone grandi spesso le chiedono cose di cui non le piace parlare e così via. Se fosse una persona adulta non staremmo neanche qui a parlarne. Ma, purtroppo per lei, ha 12 anni. Quindi qualcuno deve dirle cosa va bene/ non va bene fare.
Un giorno il padre mi chiede se posso essere contattato dalla sua insegnante, perché vuole sapere come si devono comportare con lei quando tende ad isolarsi. L’episodio più recente avviene durante una gita nel quale Sara tende a stare in disparte. La richiesta del padre avviene davanti alla bambina stessa e mi parla di lei come se non ci fosse. La prima cosa che penso di fare è coinvolgerla nella discussione. Le chiedo se si sia divertita durante la gita e mi risponde si. Le chiedo se per lei è un problema che io venga contattato da una sua insegnante per questa faccenda. Mi risponde che non c’ è problema. Le chiedo infine che cosa pensa che potrò dire alla sua insegnante nel caso mi contatti. E mi risponde di dire che lei è stata bene.
Provo a questo punto a far riflettere il padre facendo delle considerazioni a voce alta: per quale motivo tutti danno per scontato che sia stata male se lei stessa dice che è stata bene? Per quale motivo dobbiamo cercare di prendere delle decisioni sulla sua testa come se lei non fosse in grado di esprimere un parere? Non fraintendetemi: so benissimo che stiamo parlando di una persona minorenne, per legge non in grado di avere responsabilità. Ma neanche di avere la responsabilità di gestire come meglio crede la sua gita?
Ho pensato che al massimo potevo parlare con lei del perché non le piacesse stare con gli altri in gita, del perché avesse preferito stare da sola, del perché non volesse condividere le sue impressioni, le sue emozioni con gli altri.
Capisco l’intento del genitori, come credo di capire l’intento delle insegnanti. Penso però che questo intento di migliorare la situazione di una persona, per quanto minorenne, non possa farci prescindere dalle ragioni della persona stessa. Non sto dicendo che ci siano stati errori, o comportamenti sbagliati, anzi. L’attenzione dimostra come Sara sia all’interno di relazioni protettive e accorte. Vorrei solo che questa attenzione non offuscasse le volontà e i desideri di Sara.
Credo sia meglio cercare di capire che correggere. E, vi assicuro, non fa differenza se la persona da capire ha 12 anni.
A presto…
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