Il post di oggi scaturisce da una riflessione che ho avuto e riguarda sopratutto i mezzi di comunicazione come i social network o i messaggi. Non so se sia solo una mia impressione ma le posizioni, qualunque esse siano e qualunque argomento riguardino, sembrano sempre propendere per delle estremizzazioni che, talvolta, appaiono veramente eccessive. Persone che augurano apertamente la morte di qualche personaggio pubblico, la maggior parte delle volte politici accusati di qualunque possibile crimine, interventi che inneggiano direttamente alla violenza contro qualcuno (come per esempio pedofili).
Addirittura si arriva all’assurdo per cui persone che non consumano carne, per una scelta di rispetto e di antiviolenza credo, sperano che coloro che ne consumano facciano la stessa fine degli animali di cui si nutrono. Come sempre, credo che questa degenerazione debba avere una spiegazione e mi chiedevo come fosse possibile che posizioni sempre più estreme sembrino quelle che riscuotono il maggior successo. Ho due chiavi di lettura: da una parte le eccessive polarizzazioni delle posizioni in qualunque dibattito pubblico, dall’altra una comunicazione deficitaria che, non permettendo una reale comprensione del messaggio porta ad una eccessiva semplificazione dello stesso. Cerco di spiegarmi meglio. Non so se avete fatto caso ma oramai le persone non hanno più opinioni: hanno certezze. Non hanno più idee: hanno fedi. Non sono più in grado di pensare autonomamente: sono tifosi faziosi di qualche posizione che non concede repliche. Questa estremizzazione porta a scontri sempre più forti tra i ‘tifosi’ di una parte e quelli della parte avversa che, non aiutando a capire le ragioni dell’una o dell’altro, portano ad accentuare ulteriormente le posizioni e, di conseguenza, le tifoserie avversarie. Uno dei fattori che credo abbia contribuito a questa polarizzazione è l’anonimato, inteso come non conoscenza, che sta alla base del meccanismo col quale comunichiamo sui cosiddetti social network come Facebook o Twitter. Per anonimato intendo specificamente la mancanza di conoscenza diretta, la mancanza di una relazione reale che supporti quella virtuale. Alla base del successo di queste piattaforme, o delle chat, sta,secondo me, la possibilità che offrano una sorta di filtro nella relazione, un filtro che si frappone fra noi e il mondo e che, pur permettendoci di essere visti, ci protegge dall’esporci in un modo che potrebbe risultare ‘scomodo’. Questa protezione può permettere che la rabbia che sentiamo per un argomento possa uscire con molta più facilità, non filtrata dal fatto di starci mettendo la faccia. In un rapporto diretto, ‘reale’, saremo tenuti a tenere in qualche modo a bada questo sentimento. Notate come una discussione su Facebook spesso degeneri con una facilità estrema. Probabilmente, se la stessa discussione fosse avvenuta tra persone che si vedevano e che, dunque comunicavano anche in altra maniera oltre a quella scritta, sarebbe forse stata meno cruenta o non sarebbe degenerata in questo modo. Le persone avrebbero magari saputo mediare tra le diverse posizioni. Se questa comunicazione fosse avvenuta faccia a faccia, sarebbero entrati, nella comunicazione stessa anche altri livelli comunicativi che avrebbero influenzato la comunicazione stessa. Mi riferisco a tutti quei livelli di comunicazione non verbale (sguardo, postura, tono della voce, ecc) che entrano in gioco nel processo comunicativo, che lo caratterizzano e lo significano (sapete cogliere al volo se una persona sta scherzando con voi o facendo sul serio e in base a quello che cogliete potete rispondergli!) e che sono assenti nella comunicazione virtuale. Questi due aspetti potrebbero contribuire a spiegare il perché questa capacità di mediazione sembra essersi persa su internet.
Un altro fattore che potrebbe giocare un ruolo importante è il numero delle persone coinvolte. Su internet chiunque può intervenire in ogni discussione dell’altro e questo ci fa sentire esposti ad un livello più ampio. La mancata mediazione e l’esposizione potrebbero aumentare il livello di aggressività con cui si risponde. Questo meccanismo può essere considerato come circolare ed autorinforzantesi perché più vediamo questo tipo discussioni, più aumenta in noi la percezione che ci siano persone con un grado di aggressività alto, più ci farà avere meno freni inibitori quando ci ritroveremo a dover sostenere la nostra tesi in un’altra discussione. Ovviamente la mia è un ipotesi e, come tale, andrebbe considerata. Se ci pensate il fraintendimento comunicativo avviene spesso anche via sms proprio perché viene a mancare tutto il lato comunicativo non verbale che sottende e conferma la comunicazione scritta. Se con un sms possiamo comunicare con una persona, con Facebook o con Twitter possiamo comunicare contemporaneamente con molte persone e questo può aumentare esponenzialmente il grado di possibile fraintendimento della comunicazione stessa. Forse dovremo considerare questo prima di lanciarci nel difendere la nostra tesi a spada tratta e prima di pensare, insultandolo, che l’altro ci volesse offendere. E dovremmo considerare anche come i nostri irrigidimenti non ci portino a comunicare ma anzi a sottrarci alla possibile messa in discussione della nostra prospettiva
Che ne pensate?
A presto…
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