Eccoci ad un altro tema di attualità. Di brutta attualità. Avrete sicuramente sentito o letto della strage in Norvegia. Per chi non sapesse, un uomo di nome Breivik ha fatto esplodere una bomba in pieno centro ad Oslo e si è messo a sparare all’impazzata su un gruppo di persone che si trovavano su un isola. In tutto è responsabile della morte di 85 persone. Quando capitano casi di cronaca di questo tipo, che generano sgomento e incredulità, mi chiedo come sia possibile succedano cose del genere. Cosa può spingere un uomo a compiere massacri così cruenti su persone sconosciute?
Ovviamente non so nulla del caso specifico dal momento che non ho conoscenza diretta della persona che ha compiuto la strage. Non so, perciò, delle possibili cause personali che possano averlo spinto a tanto. Mi ronzano, però, idee e noto delle somiglianze, ricorrenti in diversi casi, che volevo condividere con voi. Una delle cose che più mi colpiscono è quella che definirei esternalizzazione del male. Con questo termine mi riferisco al fatto che, quando capitano fatti particolarmente efferati di cronaca, il primo aspetto in risalto riguardi il diversificare il colpevole da noi con qualche segno distintivo che lo renda differente. Credo sia un meccanismo protettivo, tranquillizzante. Nel momento in cui avvertiamo il male troppo vicino a noi, cerchiamo in qualche modo di scostarlo, di allontanarlo. Di esternalizzarlo, appunto. Questo meccanismo è noto, in psicanalisi, col termine di proiezione. E’ un meccanismo di difesa per cui sentimenti o caratteristiche proprie, sentite come inaccettabili, vengono proiettate all’esterno, su cose o persone. Questo meccanismo di esternalizzazione non sempre è applicabile. Nel momento in cui non c’è nulla che possa diversificare il colpevole da noi, come, per esempio, nel caso norvegese (non è zingaro, o nero, o povero, o straniero ecc..) allora interviene la salute mentale. “È malato” ci diciamo. Così che noi, ‘sani’, possiamo sentire quello che è successo lontano da noi.
E, se invece, non fosse così lontano? Non fraintendetemi, non credo che ognuno di noi sia un potenziale serial killer. Semplicemente, credo che ognuno di noi abbia delle parti oscure, delle parti non risolte che, in particolari situazioni, possano avvitarsi e ingigantirsi, dando vita ad idee persecutorie che vengono poi agite in fatti simili. Sebbene siano in molti a non conoscere queste parti oscure di se non sono, per fortuna, molti ad agire in maniera così cruenta. Penso dipenda dal fatto che le cause che possono esacerbare questi conflitti interiori debbano essere pesanti e prolungate nel tempo. Ma quali sono queste parti oscure che possono entrare in gioco? Credo riguardino la soppressione di sentimenti che vengono ritenuti non adatti. O mostruosi. Per esempio la rabbia e l’odio sono sentimenti non del tutto tollerati nella nostra società. Il disprezzo, l’avversione non possono essere manifestati e sono in qualche modo censurati. Repressi. Anche in questo passaggio spero non ci siano fraintendimenti. Non credo che ognuno di noi, per evitare che nascano conflitti, dovrebbe andare a disprezzare l’altro, o odiarlo apertamente. Tutt’altro. Credo la conoscenza anche di questi nostri aspetti possa farceli gestire meglio. Il rischio, altrimenti, credo sia che con un sostrato adatto (poca apertura mentale, rete sociale debole, famiglia assente, gruppo di amici, nessuna empatia, fattori ideologici), renda questa conoscenza deficitaria di se stessi facile terreno di coltura per propensioni ‘anti’ (antisociali, anti razziali, ecc.) e che, unite a protettive convinzioni ideologiche, possano sfociare in fatti del genere.
Altra ridondanza: sembrano sempre più numerosi atti di questo tipo. Se da una parte può esserci un desiderio di emulazione, amplificato dal tempo che i mass media dedicano a questo tipo di eventi (e con particolari sempre più macabri) credo che questa accentuazione sia dovuta anche ad una generale disgregazione della funzione sociale. Porre sempre l’accento sul singolo (sulle sue potenzialità, sulle sue esigenze, sui suoi desideri) fa si che il singolo si senta autorizzato a perseguire qualunque cosa per lui necessaria. Nessun problema sorge quando le mete che il singolo si pone sono socialmente riconosciute. Ma se, in una logica distorta o persecutoria, la meta diviene sterminare il maggior numero possibile di persone, allora l’accento posto sul singolo si trasforma in un totale fallimento per la società.
Credo che un primo passo verso una possibile soluzione possa essere quello di iniziare a considerare queste parti di noi, maneggiarle e accettarle di modo da conoscerle, non reprimerle e non proiettarle sugli altri come se non ci appartenessero. Un lavoro personale, non necessariamente con professionisti, unito alla ricucitura di alcuni strappi sociali (maggiore attenzione alle esigenze del gruppo, interesse collettivo che si colloca su quello particolare, sostegno alla genitorialità e alla famiglia) possono essere fattori depotenzianti il verificarsi di simili tragedie.
P.s.: Certo, se a tutto questo si aggiungesse una legislazione molto più severa sulle armi, forse avremo fatto un ulteriore passo verso una diminuzione di analoghe sciagure.
A presto...
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@Roby:Certo,volevo solo un chiarimento sul senso del tuo post:).Purtroppo nessuno ha soluzioni contro il fanatismo a parte cercare di non essere fanatici.
@mattafaluga
ehmm… forse sono stato frainteso, il mio non era un consiglio specifico, semplicemente un dato di fatto: la follia, la crudeltà, l’ignoranza non hanno tratti somatici, religione o status symbol, nonostante la società in genere abbia il brutto vizio di catalogare frettolosamente gli individui seguendo criteri simili.. e vedere uno come Breivik compiere gesti tanto gravi è sicuramente qualcosa di spiazzante per l’opinione pubblica, in quanto APPARENTEMENTE non corrisponde all’identikit del classico terrorista (o squilibrato) al quale siamo (o ci hanno) abituati..
@mattafaluga considerare certe persone meno degne di vita di altre è un conto…augurare la morte a chiunque non ci vada tanto a genio è ben diverso! Condivido il discorso che si tende a considerare lontani da noi certi atteggiamenti quando purtroppo non è così, non ci sono regole che permettano di individuare un potenziale serial killer e questo spaventa tutti.
Stefania io scherzavo…o meglio esageravo per dire che “loro” sono molto più simili a “noi” di quanto possa sembrare ad una prima veloce occhiata e di quanto io, che ho remore anche a comprare del veleno per liberarmi dai sorci, abbia qualche volta considerato alcune persone meno degne di vita di altre.Maria Grazia si chiede perchè un integralista cattolico spaventa meno di uno islamico, a me sembra che spaventi molto di piu e proprio per quello si vuol credere alla pazzia e non al fatto che il fanatismo può colpire anche noi e anche quei popoli che sono da sempre considerati quelli che non vivono di passioni ma che sono razionali, con uno stato che funziona, con la migliore qualità della vita perche li tutti lavorano e pagano le tasse per contribuire a questo paradiso di efficenza.Roby ti chiedo un chiarimento::che cosa si dovrebbe far mancare, da parte di chi e come potrebbe essere d’aiuto per evitare il fanatismo?
condivido tutto l’articolo, in particolar modo il tema della PROIEZIONE, ricollegabile al fatto che per poter racchiudere le personalità di chi ci stà intorno in un nostro personale quadro chiaro e sintetico sentiamo sempre più spesso il bisogno di ETICHETTARE chiunque, anche semplicemente partendo dal look o dall’orientamento politico e sessuale. Un vizio questo che però non è altro che un metodo sbrigativo e superficiale che non ci permette di conoscere veramente chi abbiamo di fronte, perchè tutto ruota attorno alle apparenze e al tono che ci si dà.. E infatti è molto facile spiazzare chi vive di etichette, basta semplicemente violare palesemente le “regole” imposte da questo modo ottuso di vedere il mondo. Come? semplice: basta far mancare (o nascondere) quei “requisiti minimi” per mezzo dei quali si è già stati catalogati dagli altri, e in molti ciò è sufficiente a confondere e destabilizzare chi pensa di aver già capito tutto di una persona con poche semplici occhiate. Non dico certo che basta questo ad evitare le stragi, però nel pietoso gioco degli stereotipi bisogna ricordarsi, tanto per fare un esempio concreto, che a farsi saltare in aria o a provocare stragi non sono capaci solo quelli colo turbante, bensì anche chi ha il crocifisso al collo. Tanto per dirne una….
L’altra parte dell’articolo che a mio parere centra in pieno il problema è <>
beh che dire, non potevi trovare parole migliori..
Bravo Fabrizio!!
Il meccanismo dell’esternalizzazione del male agisce come un’”euristica”, ovvero una forma di ragionamento semplificata: quando accadono cose del genere non andiamo ad analizzare la situazione nel dettaglio e vedere perchè una persona può arrivare a compiere un delitto così efferato, ma prendiamo i dati che ci sembrano salienti e ci costruiamo un’idea di massima. Come dice Fabrizio l’esternalizzazione del male è prima di tutto un meccanismo di difesa (la proiezione). Non è in discussione la bontà di tale meccanismo: esiste, ci difende da paure enormi e questo basta! Ciò che mi colpisce sempre è che una delle prime forme di diversità “spaventosa” che si va a cercare (i media ne sono i promotori) è quella religiosa: le prime ipotesi sull’omicida sono state “sarà senz’altro un integralista islamico”…beh quale sorpresa nel vedere che invece si trattava di un integralista cristiano…dopodichè, siccome la cosa non fa notizia (“perchè esistono anche gli integralisti cristiani?” direbbe l’uomo della strada)l’omicida di Oslo diventa “semplicemente” un pazzo. Va bene usare due pesi e due misure, ma quando si usa l’uno e quando l’altro? Perchè un fondamentalista islamico spaventa più di uno cristiano e quindi quest’ultimo diventa un matto?
Non ditemi “per il numero di persone coinvolte nelle stragi”, perchè vorrei ricordare, anche a chi ha scritto prima di me, che la prima causa di morte violenta per le donne italiane è l’omicidio portato avanti da mariti, fidanzati, ex partner, padri, fratelli e in genere conoscenti…Da chi dobbiamo guardarci? Non lo dico per creare allarmismo, ma solo per avvallare quanto già scritto sopra da Fabrizio: non sono forse così lontani da noi, forse in qualche caso siamo noi. Purtroppo non è una cosa che ha a che fare con la sola ragione, casomai con l’integrazione tra emozioni e razionalità, quella a cui Fabrizio consiglia di prestare attenzione…
sono assolutamente in disaccordo con mattafaluga…è vero che nella vita di tutti i giorni può capitare di trovarsi di fronte uno stronzo insopportabile ma sinceramente ciò che distingue l’essere umano dalla bestia è la ragione ecco perchè (PER FORTUNA) non tutti quelli che reputano uno stronzo si mettono ad ucciderlo! Non è questione di perbenismo ma siamo diversi l’uno dall’altra io possono non stare simpatica a due persone e quindi sono autorizzate ad uccidermi??? Perdonatemi ma mi sembra un discorso senza senso…
quando ho sentito la notizia ho subito pensato che doveva essere matto, una persona normale non ucciderebbe mai degli innocenti in quel modo e il fatto che ci fosse una tale premeditazione(aveva comprato un’azienda agricola!) ha confermato l’idea.Da un lato mi allontana da lui e dall’altro mi tranquillizza (non è una questione di odio era lui che era un matto, certo questo non mi salva dal morire ammazzata per mano di un invasato malato di mente ma quante caxxo di probabilità avrò di incontrarne uno? insomma mi sembra gestibile).
Poi ho riflettuto sul fatto che di recente anche io ho pensato che qualcuno meritasse la morte per le sue azioni,per la sua prepotenza,la sua tracotanza…certo non è mica la stessa cosa,io non sono come Breivik che già con ‘sto nome, ci credo che è uscito fuori di testa, secondo me aveva problemi pure lui a pronunciarlo! Quello li che sta sul culo a me è uno stronzo, insomma lui è il cattivo, alla fine farei un favore a tanta gente nella mia situazione, insomma è una cosa brutta ma a fin di bene e tanti anche se non lo ammettono perchè sono dei perbenisti, in fondo ne sarebbere sollevati…sei d’accordo Doc?
grazie trovo il tuo modo di comunicare anche aspetti della pscologia abbastanza difficili resi comprensibili. arrivederci