Tagli. Tasse. Default. Crisi epocale. Crisi di modelli sociali. Crisi della democrazia. Chi di noi può salvarsi dal fuoco di fila dei mezzi di comunicazione che, ogni giorno, non smettono di ribadire quanto siamo sull’orlo del baratro di una crisi non facilmente prevedibile nelle sue conseguenze? Tutti i giorni, il nostro risveglio è accompagnato da un bollettino di guerra che ci ricorda come la nostra condizione finanziaria sia sempre più legata ad una sequela di pessime notizie che ci riguardano o ci riguarderanno a breve.
Ma sono solo informazioni finanziarie? Come volete possa reagire l’animo umano di fronte a realtà di questo tipo? Questo continuo stillicidio di notizie catastrofiche per cui noi, a parte fare i sacrifici di cui tutti parlano, non abbiamo nessuna responsabilità diretta, causa un continuo senso di precarietà, di insicurezza che non può non farci stare male. In questo scampolo d’estate sembra che la gara sia a chi spara l’aggiornamento più catastrofico, su chi preveda lo scenario più inquietante, su chi azzeccherà la previsione peggiore di tutti.
E noi?
E noi a gestire un senso di scontento, uno sconforto, una tristezza che, spesso, possono essere i prodromi di veri e propri episodi depressivi. Il sentirsi minacciati nelle certezze e sicurezze, non può non avere conseguenze nefaste su di noi. Il fatto, poi, che i nostri ‘piccoli’ guai siano associati a scenari così foschi non può che incrementare il nostro senso di sfiducia generale. Altro fattore potenzialmente molto pericoloso, in questo cocktail micidiale, è la durata. Questo tipo di notizie sono infatti in prima pagina da mesi. Ribadiscono giornalmente come le borse di tutto il mondo brucino centinaia di miliardi di euro, come siano in picchiata, come non ci sia accordo politico su come fronteggiare la situazione.
E noi?
Sempre più piccoli, sempre più precari, sempre più instabili. Sempre più vacillanti. Sempre più alla ricerca di uno sprazzo di luce, un barlume di speranza che non faccia affievolire ulteriormente la possibilità di sentire che non tutto è perduto. Non so se tutto questo catastrofismo sia fondato. Non so quanto di vero ci sia in queste previsioni. So, però, quanto non sia positivo far intravedere il baratro e non una strada alternativa. Questo è il terreno fertile in cui possono nascere e crescere episodi di tipo depressivo. Naturalmente ciò che descrivo è un innestarsi su istanze personali. Mi spiego meglio: è come se l’incertezza, la paura da cui ci sentiamo circondati quotidianamente (e che in questo post sto associando soprattutto a crisi di tipo economico. Ma, credo, ci sarebbero numerosi altri esempi con cui si ottiene lo stesso risultato!) risuonasse familiare a delle aree che già erano in noi. Aree che, per svariati motivi, non ci potevamo permettere di maneggiare senza sentirci minacciati. E, risuonando in noi, queste aree possono dar vita ad un vero e proprio circolo vizioso che, come vi dicevo, può atterrirci, può sovrastare tutte le parti vitali del nostro Io che si trovano accerchiate da queste istanze depressive. Quale può essere la soluzione? Credo che una delle soluzioni più semplici, e alla portata di tutti, sia la condivisione. Condivisione delle nostre paure, dei nostri timori, delle nostre incertezze. Delle parti ‘deboli’ di noi che, abituati a non riconoscercele, non sappiamo maneggiare neanche quando diventano parti centrali. Il momento in cui le nostre paure prendono il sopravvento: li il catastrofismo ha vinto. In quel momento la nostra vitalità, la nostra creatività sono in maggiore difficoltà. Cerchiamo un amico, un parente, un orecchio che possa condividere con noi i nostri timori. E prestiamo maggiore attenzione alle paure degli altri. Magari sono anche le nostre. Avremmo sconfitto anche l’egoismo che, da sempre, caratterizza i momenti dominati dalle insicurezze. Questo è un enorme periodo transitorio. Dal quale, non è detto, non possa nascere qualcosa di buono.
È vero: forse le borse continueranno a cadere. Ma il fardello delle nostre paure ci sembrerà un po’ più leggero. E noi potremmo dire di conoscerci meglio. Vi sembra tutto perduto?
A presto…
Grazie a te Elisabetta. Proprio questo intendevo parlando di condivisione.
A presto…
Mi permetto d’intervenire anche in questo dialogo, Dott. Fabrizio: leggendo questo suo lavoro – cosa che faccio puntualmente ogni qualvolta ne ho l’occasione – scopro quante affinità esistono fra il suo pensiero – che credo sia il pensiero scientifico – e la metodologia della quale ci serviamo noi, nei “Club alcologici territoriali” (C.A.T). Il metodo “dell’approccio Ecologico-Sociale” fa uso esclusivamente di quanto da lei elencato nel suo illuminante articolo; mi spiegherò meglio se ne sarò in grado: Noi, nella nostra associazione, non possiamo usare farmaci, il motivo di questa impossibilità, a lei sarà ben chiaro; comunque, forse, non a tutti; ecco che, grazie a questo mio dubbio, mi permetto di esporre le teorie e i metodi dei quali noi facciamo uso: “condivisione, solidarietà, amicizia (vera e disinteressata) amore nel senso più circolare del termine. Ora, lei ha preso in esame la condivisione, ed è di questo che io parlerò, brevemente per quanto possibile; per quanto riguarda “il resto dei nostri farmaci”, ne tratteremo quando lei darà il “la”: nel nostro ambiente, moltissime persone, esseri umani “rotti”, non trovano la “discarica” dove smaltire le negatività della propria esistenza; è fatto assodato, che colui per il quale la vita non possiede alcun valore, molto spesso decida di passare oltre, . quante volte, anche lei Dott. avrà udito questo grido, il grido di sta cadendo nel vuoto. Pare che a questi esseri, della vita non importi più nulla, non è assolutamente vero! però! La risposta da dare a questi esseri è lì, a portata di mano di chiunque, non v’è bisogno solo della scienza in questo caso; in questi casi serve “l’umanesimo”. Il bene primario d’un essere umano, è appartenere a qualcuno; la parola “libertà, quando si parla di sentimenti non possiede nessun valore, è vuota di significato! Trattiamo, per un attimo, di esseri con problemi alcol-correlati; è in questo mondo, dove – a mi avviso – si possono incontrare le sofferenze più strettamente legate alla solitudine, al fatto di non appartenere a nessuno, dunque, nessuno ci ama grazie alla nostra libertà, se qualcuno ci amasse, si prenderebbe cura di noi e, noi, non saremmo più liberi. L’essere “solo”, cerca con affanno qualcuno al quale aprire la propria anima, mi creda Dott. il problema gli nasce, quando nessuno “se lo fila” quest’essere! diviene emarginato sociale, si dice, spesso e a torto, che siano i potenti della terra” ( per potenti della terra, intendo gli “ultimi”) a isolarsi dal resto del mondo, così non è in tutti i casi; in alcuni – rari casi – è così, non è pragmatico questo comportamento, però. Eccomi al nocciolo della questione: nella “nostra famiglia” le persone sono persone, nessuno è eletto e nessuno è maledetto, tutti simili, soprattutto: simili perché tutti possediamo qualcosa di diverso dagli altri. in quest’ambiente gli esseri, possono divenire ciò che essi erano – spero sia chiaro cosa intendo dire con questa frase – quest’opportunità, fa si, che, un’essere possa vivere, anche se solo per un’ora e mazza alla settimana, la vita che avrebbe desiderato per sé, non in un gioco di ruolo! ma bensì, godendo dell’opportunità che qualcuno l’ascolti “senza sentir emettere giudizio alcuno!” Non dovesi preoccupare del giudizio altrui, dà la forza d’affrontare qualsiasi pulpito, mi creda “amico caro”. Lei, sicuramente cosce l’essere nel proprio profondo, molto più di noi, “servitori insegnanti”, le posso garantire, però, che noi siamo costretti, da noi stessi, a soffrire con chi si confida con noi; mi creda, non è un piacere tornare a,casa, in una casa vuota, rimanere con lo stomaco vuoto come la propria dimora perché nessuno ci fa compagnia durante una, pur frugale cena. Ecco la differenza dove sta! E’ ovvio, non tutti noi possediamo la stessa sensibilità! e non tutti i professionisti lavorano solo per il mero guadagno: dei “professionisti” ( anch’essi volontari) ci aiutano perché, anche noi si possa godere della possibilità “di vomitare” tutta la sofferenza ingerita a “cena” con con chi soffre. Oggi, anche lo spazio da lei messomi a disposizione, ha avuto quest’utilità! m’ha permesso di vomitare la mia sofferenza che, purtroppo, per ragioni legate a una mia patologia, fisica, epatica; non potrò più esternare per molto tempo. Grazie Fabrizio. Grazie amici. P.S spero di non essere inopportuno, data la mia scassa cultura, accetti quel che ho, “condivida” anche la mancanza..buona vita a tutti..
Se mi sembra tutto perduto? stando ai giornali SI…
Ma fortunatamente mi sono abituato a non dare troppo retta ai titoli allarmistici che, seppur oggi presenti in maniera più massiccia del solito, ci sono sempre stati. Questo non significa ignorarli standomene a fischiettare su un’amaca come se niente stesse accadendo, piuttosto confidare nell’intento comune di porre rimedio alla crisi, la quale sarebbe comunque limitativo definire soltanto economica. Io sono uno di quelli che in momenti come questi pende dalle labbra dei personaggi più carismatici e influenti, nella speranza di scorgere in loro un qualcosa che mi dia se non delle certezze almeno una motivazione in più per credere che insieme si può tornare a sorridere. Insomma cerco da loro esempi concreti che, dati alla mano, ci dicano che tutto ciò è possibile. Preferisco dunque seguire con attenzione un Obama scuro in volto che con toni severi fa il punto della situazione in diretta mondiale esortando i suoi colleghi capi di Stato, imprese e famiglie a darci dentro e collaborare per uno scopo comune piuttosto che subirmi lo “sciacallaggio” vigliacco e distruttivo della stampa, forse l’unico settore che ancora va a nozze con situazioni del genere, lucrando sulle disgrazie (meglio ancora se a lungo termine come questa crisi) dimenticando forse che la sera anche loro fanno ritorno a casa dalle proprie famiglie, e che anche loro pur remando contro sono comunque sulla stessa nave alla deriva. Certo finchè nel mondo del lavoro continuerà a far scuola la teoria dell’arraffare “tutto e subito” senza badare ai mezzi nonchè alle conseguenze che un’azione scriteriata ma redditizia a breve termine possa portare invece a lungo termine, non saremo mai sulla strada giusta. Occorrerebbe molta più lungimiranza e molta meno furbizia, da parte di tutti però, nessuno escluso. Si dice che le decisioni importanti, quelle rimandate troppo a lungo e che portano a cambiamenti radicali, l’uomo le prenda definitivamente solo quando si trova con le spalle al muro: beh chissà che magari tra 20 anni pensando ad oggi ci chiederemo perchè mai avessimo aspettato tanto, come spesso ci capita quando ci sorprendiamo a constatare che qualcosa di positivo appena realizzato era in realtà più facile a farsi che a dirsi.
Grazie Fabrizio,ci voleva un pò di sano “ottimismo”,o per lo meno ricordarci che uno spiraglio di luce c’è sempre,se condividi i tuoi problemi con una persona a te speciale!
Sarà l’alba del 2012? Risveglio di coscienze.
Mi auguro di si. Per ora, per quanto mi riguarda, cercherò di tener duro. Anche se non è facile. Grazie per questo post.