Abbiamo già cercato di delineare cosa sia la psicoanalisi (Cos’è la psicoanalisi? pubblicato il 29.03.12) vediamo ora di cercare di caratterizzare meglio cosa sia la psicoterapia, in cosa si avvicini e in cosa si differenzi dalla psicanalisi.
Essenzialmente possiamo definire la psicoterapia come qualunque tipo di trattamento dei disturbi psichici, per via psicologica attraverso l’interazione verbale tra il terapeuta e il paziente. Più in particolare si tende a considerare psicoterapie i trattamenti psicologici alternativi alla psicanalisi. La differenza sostanziale sta nell’obbiettivo: nel corso degli ultimi cinquanta anni, considerato l’aumento di richiesta di trattamento psicoterapico in ampi strati sociali della popolazione, si è passati da una psicoterapia “non mirata” (la psicoanalisi) a psicoterapie “mirate”. Mentre la psicoanalisi non mira a eliminare il sintomo presentato dal paziente ma a modificare la struttura di fondo, risalendo all’infanzia ed elaborando le “fasi” di evoluzione della personalità, le psicoterapie, attualmente, mirano a eliminare il sintomo o il disturbo di personalità, “elaborandolo” e “spiegandolo con tecniche diverse. Data la maggiore focalità del trattamento la durata di una psicoterapia, di qualsiasi orientamento, è più breve delle terapie analitiche”. [1]
Vediamo di analizzare meglio le somiglianze e le differenze delle due discipline. Innanzitutto il peso principale risiede nel transfert all’interno della relazione. Nella psicoanalisi il transfert ha una valenza che chiamerei più emozionale mentre nella psicoterapia assume un ruolo che definirei più relazionale. Nella psicoanalisi il transfert serve per far si che il paziente trovi presentificati, per così dire oggettivati, non solo le sue esperienze rimosse ma anche i suoi desideri e i suoi fantasmi inconsci. Se per il paziente il transfert si presenta come un sintomo per il terapeuta diviene, invece, il terreno privilegiato della terapia. Nello spazio del transfert, l’analizzato non solo rievoca ma anche rivive il rimosso. [2] Giocano un ruolo di scambio in entrambi gli approcci ma forse con una sfumature diverse. Nella psicoanalisi il transfert serve per rivivere nella psicoterapia per relazionarsi. Altro aspetto che mi preme sottolineare è che la psicoterapia sarebbe mirata mentre la psicoanalisi sarebbe più generale e riguarderebbe l’intera vita dell’individuo non concentrandosi, quindi, esclusivamente sul sintomo. Questa definizione è, secondo me, in parte da stemperare perché se è vero che la psicoterapia ha l’avvio dal trattamento di un determinato simbolo, è anche vero che da questo inizio possono prendere l’avvio terapie più ampie che possono anche durare di più nel tempo. Vero è che, comunque, genericamente la psicoterapia è temporalmente più breve rispetto alla psicoanalisi che può durare anche diversi anni. Un altro aspetto che possiamo prendere i considerazione è il ruolo del terapeuta all’interno della terapia. Nella psicoanalisi classica il terapeuta ha un ruolo di catalizzatore emotivo del paziente, un ruolo se vogliamo, passivo rispetto alla storia del paziente stesso. L’immagine classica è del paziente sdraiato con dietro il terapeuta che lo ascolta quasi in silenzio. Il ruolo del terapeuta all’interno della psicoterapia è più attivo, dal momento che il presupposto è che il terapeuta, entrando a far parte del sistema con il paziente, gioca con lui un ruolo all’interno del processo terapeutico. L’uso dei termini attivo e passivo non denota in nessun modo una differenza di ‘valore’ (è meglio uno rispetto all’altro approccio), quanto una differenziazione sostanziale sia del comportamento che delle premesse concettuali del rapporto tra terapeuta e paziente. Volendo riassumere i punti di differenza avremmo:
- L’uso del transfert;
- La durata della terapia;
- Maggior ampiezza del lavoro psicoanalitico;
- Diverso coinvolgimento del terapeuta.
A presto…
Fabrizio
[1] Cancrini, L., La Rosa, C. (1991), Il vaso di Pandora, Roma, Carocci, pag. 289
[2] Vegetti Finzi, S. (1986), Storia della Psicoanalisi, Mondadori, Milano, pp. 48-49
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Mi sembra di capire che il transfert sia utile in entrambe le terapie perchè fa palesare i sentimenti e i comportamenti che causano problemi.Non capisco però come il transfert sia “risolutivo”, sembrerebbe quasi che sia sufficiente far venire a galla un sentimento per imparare a gestirlo, mentre nella mia esperienza non è cosi.Nel caso della psicoanalisi sembra quasi che sia la frustrazione causata dalla passività del terapeuta a fare si che il paziente trovi da solo le soluzioni e poi le riutilizzi nella vita, detta cosi però mi sembra crudele e parecchio faticosa.Insomma imparare a riconoscere il problema è sicuramente utile ma alle azioni quando ci si arriva?