Vi segnalo un articolo che mi ha incuriosito parecchio. Si parla di una iniziativa di alcuni colleghi di Milano che hanno sostanzialmente deciso di avvicinare la domanda e l’offerta, aprendo una sorta di studio all’interno di un centro commerciale e proponendo una serie di agevolazioni tariffarie. Come riportato nell’articolo, la formula, originale e lontana dalla burocrazia, consente di superare molti tabù: intanto che sia un lusso il prendersi cura degli aspetti più bui della propria esperienza quotidiana, dei dubbi, dei tormenti che minano la serenità, del peso dei conflitti in famiglia. L’assistenza psicologica è un diritto per tutti, sostengono gli esperti di via Arona: «in primo piano per noi ci sono le esigenze di salute e il benessere dell’utente, non l’aspetto economico». Un’altra novità è che non serve appuntamento: si entra e da subito si può parlare del proprio problema con uno specialista. Non c’è da superare l’imbarazzo dell’«ultimo miglio», la telefonata a una segretaria, la diffidenza del primo incontro.
Eliminate tutte le barriere, lo psicologo lo si può incontrare dentro uno di quei centri commerciali che stanno prendendo il posto della piazza dei paesi, dove le persone si danno appuntamento, passeggiano, trascorrono parte del loro tempo libero.
Non avrei nulla da eccepire all’articolo se non quello che la formula sia originale e ‘lontana dalla burocrazia’. Ma di quale burocrazia si parla? Perché, se una persona sceglie di andare in terapia in uno studio privato non all’interno di un centro commerciale, allora deve compilare moduli e fare file? Non ho mai sentito che funzioni così in nessuno studio. Poniamo pure che sia un’approssimazione giornalistica. Resta il fatto che non mi piaccia molto comunque l’approccio che vuole una simile formula come innovativa. Dove sarebbe l’innovazione? Nel centro commerciale? Così oltre a fare la spesa, e prelevare, potremmo aggiungere anche il farci dare una controllata. Non sono contro questa iniziativa, né contro iniziative che portino il dibattito all’interno del più ampio numero possibile di persone (d’altronde curo io stesso un blog!). Non mi piace molto l’idea che sembra esserci un approccio più moderno e uno più antiquato, dove si ha a che fare con burocrazia, barriere e tabù. Ecco, credo che questo pressapochismo sia nemico di ogni discussione seria. L’articolo è del Corriere della Sera, è a firma di Antonella De Gregorio e questo è il link:
Voi che pensate di iniziative simili?
A presto…
Tutti i diritti riservati
Happy brain outlet village:.la salute mentale a prezzi vantaggiosi…
Non mi fa impazzire, io troverei imbarazzante andare in un affollato centro commerciale e “di fianco a un lavasecco e a una profumeria, tra i carrelli della spesa che escono ricolmi dal grande supermercato e le tazze di caffè che tintinnano nel bar adiacente” infilarmi in un box con su scritto L’ESPERTO RISPONDE.
Ancora meno mi piace la formula pret-a-porter dove “si entra e da subito si può parlare del proprio problema con uno specialista”.
l’assistenza psicologica gratuita o a basso costo esiste già tramite il servizio sanitario nazionale e può essere un ottimo modo per avvicinarsi senza troppa spesa decidendo poi di rivolgersi a qualcuno in privato.Forse si dovrebbe semplificarne un po la fruizione a chi già ci pensa ma non riesce a fare il passo fornendo un servizio analogo a questo del centro commerciale ma in posti più “consoni”tipo i consultori e le scuole o attraverso delle convenzioni come nel telefilm “in treatement” dove April, una delle pazienti di Paul, inizia la terapia grazie ad un pacchetto gratuito di 8 sedute fornito dall’università che frequentava…
lo si potrebbe fare solo se la nostra professione godesse della credibilità che merita … già che ci trattano come dei venditori di fumo, figuriamoci se ci mettiamo con degli “stand” dentro un centro commerciale!!!!!
… secondo me la serietà della professione di psicologo è data dalle motivazioni e dalla preparazione di chi la esercita e il luogo non è poi così fondamentale. Certo il clima di un centro commerciale è molto dispersivo… ma ben venga portare un po’ di empatia dentro questi templi del consumismo!
Non è questione di discutere sull’iniziativa che magari parte da intenti benevoli da comprendere…ma non mi piace l’idea di associare qualcosa di serio come il comprendere noi stessi attraverso una seria metodologia professionale, con quella dei centri commerciali, mi pare un pò la fiera durante l’omelia del prete…nel senso che magari non c’è nulla di male ma si rischia di ridicolizzare ciò che ha una sua serietà, con questo non vuol dire che l’idea sia necessariamente sbagliata, ma di certo a mio avviso, l’associazione è almeno molto rischiosa ai danni,non solo di una professionalità seria che ancora ha dei grossi problemi ad essere riconosciuta,ma di noi stessi che non ci rendiamo conto come sia importante non essere frettolosi e superficiali come si fa quando si è in questi centri, nei confronti del nostro essere persone in grado di migliorarsi.Metto sempre in discussione il mio passo coi tempi, cercamdo di comprendere un mondo diverso che apre nuovi scenari e sistemi non sempre di facile accoglienza immediata , ma francamente questa non mi pare una buona forma,si potrebbe ridicolizzare anni di lavoro e di seri studi a beneficio di tutti per una sorta di modernizzazione che tende come sempre a far quadrare conti e numeri piuttosto che persone ed esseri degni di un’attenzione che non può essere globalizzata…Grazie, articolo come sempre volto a delle interessanti riflessioni:)
Di sicuro è un modo per far entrare lo psicologo nel luogo comune … e mi da fastidio che per farlo bisogna scendere a questi livelli in cui lo sportello psicologico è al pari di un negozio di un centro commerciale! sia noi che ci stiamo abituando ad un sistema sbagliato … e addirittura ci edifichiamo dentro!!! rivendichiamo i nostri diritti nelle asl, negli ambulatori medici, nei comuni, nelle scuole, non nei centri commerciali!!!!
Parole sante!
Gli psicologi possono lavorare dappertutto, anche dentro a un ascensore! serve solo uno spazio riservato dove le persone possano raccontarsi… Se poi hanno uno studio dentro a un centro commerciale o in una via qualunque della città, non mi sembra che possa esserci una grande differenza.
Sono per l’innovazione e per la visibilità della nostra professione ma credo che aprire questa specie di Calzedonia della psicoterapia sia tutt’altro che un progresso. Per esempio, chi andrebbe mai a farsi una visita medica specialistica da un otorino al Carrefour? Qualcuno si farebbe fare una tac in un corner tra Benetton e Combipell? E allora perché fare psicoterapie in franchising in uno stand stile fiera? Evidentemente si perde di vista l’altissimo contenuto scientifico e sanitario della professione di psicoterapeuta a tutto detrimento dei pazienti. Chissà se è previsto lo sconto comitiva, la fidelity card o la raccolta punti…