Torniamo sul tema introdotto dal post Perché sembra che i ragazzi ‘peggiorino’ nelle scuole medie? (1) (per rileggerlo potete cliccare sul titolo in arancione) L’autrice parla di senso di inadeguatezza dovuto al cambiamento scolastico ma credo non sia errato pensare che questo senso di inadeguatezza sia più ampio è abbia a che fare con la generale inadeguatezza che si inizia a percepire in quella fase della nostra vita, sia a livello di preparazione ma anche e soprattutto con le inadeguatezze a livello prepuberale (si inizia a non essere più bambini ma neanche adulti), a livello di relazioni (non si possono più fare certi giochi, soprattutto tra maschi e femmine perché non più ‘adeguati’).
Insomma tutta una serie di manchevolezze che possono pesare nel momento di massimo cambiamento del soggetto interessato. Aggiungiamo a questo il fatto che i ragazzi spesso non hanno una grande capacità di lettura di quello che sta succedendo, non capiscono perché non possano continuare a fare ciò che , fino a poco tempo prima, era autorizzato e tollerato nel mondo degli adulti. Tutto questo è disorientante non solo per il ragazzo ma anche per le figure che gli stanno intorno: i genitori spesso si trovano spiazzati dal cambiamento del proprio figlio e non sembrano in grado di ‘fronteggiare’ tutto ciò che il mutamento stesso comporta. Anche gli insegnanti si trovano a fronteggiare una delle situazioni più tipiche senza avere il tempo né la disponibilità per stare attenti alle singole esigenze dei ragazzi. Questo porta ad una contrapposizione spesso frontale tra i genitori e la scuola: i primi, frustrati dal peggioramento, e in considerazione di come andasse bene il figlio alle elementari, attribuiscono alla nuova scuola il ‘merito’ del peggioramento del figlio per una serie di ragioni ( personale non preparato, scarsa offerta formativa, poca motivazione degli insegnanti ecc); gli insegnanti, all’ennesima massa di ragazzi chiassosi, si lamentano che ormai nessun ragazzo sembra in grado di arrivare con una famiglia alle spalle che possa dargli quel contenimento che spesso viene demandato alla scuola stessa. Nel mezzo di tutto questo stanno i ragazzi, disorientati dall’ennesima doppia lettura (colpa della scuola o della famiglia?) che non permette in un nuovo ambito di capire cosa stia succedendo.
Quali sono le soluzioni per affrontare tutto questo? L’autrice cita i diversi attori in gioco: per i ragazzi sarebbe utile cercare di imparare a stare sul senso di inadeguatezza che l’età inevitabilmente comporta. Non pretendere che tutto questo sparisca e ‘vada via’ senza lasciar traccia, quanto cercare di comprendere come questo periodo possa essere fondamentale nello sviluppo della persona adulta che un giorno quel ragazzo diventerà. Per gli insegnanti sarebbe necessario, tenuto conto delle effettive e pratiche difficoltà, cercare di prestare il massimo dell’attenzione per ciò che quei giovani adulti stanno cercando di comunicare all’interno del contesto scolastico stesso. Per i genitori iniziare a pensare che quello che si ha davanti non è la semplice ’emanazione’ di ciò che sono i genitori, ma una persona che inizia ad essere indipendente, autonomo, una persona con la quale, pian piano, cercare di relazionasi su basi nuove che ci vedano inevitabilmente coinvolti ma che permettano all’adulto che si trova nei nostri figli di poter emergere.
Per tutti e tre gli attori in gioco dovrebbe valere la consapevolezza di quanto la realtà della quale stiamo parlando sia multisfaccettata e complessa e di quanto eccessive ipersemplificazioni (è colpa della scuola, è colpa degli insegnanti…) lungi dall’aiutare la ricerca di una soluzione, finiscano con il deresponsabilizzare le scelte che ognuno di noi porta avanti e di attribuire la causa di ciò che succede essenzialmente a ciò che fa l’altro. Solo cercando di capire il nostro ruolo e la nostra posizione all’interno della realtà possiamo essere d’aiuto nello stabilire un modus che riesca a portare alla comprensione della situazione stessa. Sono consapevole che non sia facile, ma credo sia necessaria questa presa di coscienza rispetto ad una delle realtà che viene percepita come tra le più problematiche all’interno della nostra società.
Che ne pensate?
A presto…
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salve,
sono una mamma che da pochi mesi fa parte per la prima volta consigliere di un istituto scolastico elementare e medie.
Io sono cresciuta a l’estero e da quasi dieci anni sono in Italia e ho un bambino che è entrato nel mondo scolastico.
Purtroppo me ne sono accorda che nei nostri paesi al sud, ci sono molti bambini, ragazzi disaciati e la educazione nelle nostre scuole sta sempre peggiorando.
Da qualche mese penso spesso di creare nelle nostre scuole un sportello dove una volta alla settimana o anche ogni 15 giorni si possono o devono (con l’obbligo del preside) confrondare i ragazzi con i genitori che creano problemi, con un psicologo.
Hai qualche consiglio da darmi? Come mi devo comportare con la scuola? Chiedo diretamente il parere al preside?
Come faccio a trovare un bravo psigoloco per le scuole?
Distini saluti
Nadia Interlandi
Salve Nadia,
Il progetto che lei ha in mente è una realtà in moltissime scuole, dove esiste uno sportello d’ascolto per i ragazzi tenuto da psicologi. Anche io partecipai, tempo fa, ad un progetto simile all’interno di una scuola superiore nell’hinterland di Cagliari. Fondamentalmente il progetto deve essere attivato dalla scuola che, in base ai fondi disponibili, può organizzare lo sportello. Le consiglio di parlarne al preside o al consiglio scolastico. Saranno poi loro a dirle quanto effettivamente può essere fatto. Per quanto riguarda il trovare un collega per farlo, si tratterebbe di sapere se qualcuno ha già presentato domande di questo tipo nella scuola. Se questo non è avvenuto ci si può rivolgere agli psicologi della Asl della zona di appartenenza per chiedere loro se hanno dei nominativi da fornirvi. Di che zona d’Italia stiamo parlando? Se volesse può contattarmi anche in privato all’indirizzo fabrizioboninu@gmail.com.
La ringrazio per la domanda. A presto…