Il post di oggi è dedicato ad un tema molto particolare del quale si sente parlare sono in relazione ad efferati fatti di cronaca oppure in circostanze particolari: le sette. Il termine setta deriva dal latino secta e significa seguire. Il termine setta è oggi considerato riduttivo e limitante, soprattutto per la sua forte connotazione negativa, tanto che in molti casi si preferisce utilizzare il termine ‘culto’ o ‘confessione’. Utilizzerò qui il termine setta per motivi di chiarezza, senza connotazione di valore. Genericamente, vengono identificate come sette i gruppi formati da cultori legati a qualche tipo di adorazione religiosa, sociale, politica. Quello delle sette è, in realtà un fenomeno molto più complesso e io mi concentrerò specificamente su un aspetto molto forte dell’organizzazione stessa: la possibilità che alcuni individui vengano ‘cooptati’ all’interno di un gruppo con caratteristiche particolari.
Ma andiamo con ordine. Innanzitutto cosa è una setta? Le sette sono gruppi organizzati che presentano una serie di caratteristiche comuni. Una setta si raccoglie generalmente attorno ad un individuo, molto spesso definito carismatico o con una forte personalità. Spesso il capo promette qualcosa a coloro che seguono la setta (salvezza eterna, una vita migliore,…). La vera offerta che sembra catalizzare l’attenzione della persona che si decide a seguire il gruppo è però più subdola e sottile e difficilmente la persona se ne può sottrarre: è l’offerta di occuparsi di prendere le decisioni al posto nostro, di poter fare quello che deve essere fatto anche al posto nostro. Il capo di una setta è molto diverso, nella funzione, da quello che potrebbe essere un prete o un mullah. Queste figure, all’interno delle religioni di riferimento, sono dei tramiti rispetto alla religione stessa, officiano un rito che fa avvicinare al dio, ma non sono il fulcro del rito stesso. In una setta, invece, il leader può diventare un vero e proprio oggetto di culto all’interno della setta stessa. Non è più un tramite ma il fine della cerimonia stessa. Spesso viene divinizzato, gli vengono conferite caratteristiche ‘magiche’ o poteri salvifici e questo, se accettato e condiviso dai membri del gruppo, consente al capo di avere una presa molto stretta e salda sulla vita delle persone che seguono la setta. Le difficoltà di abbandono dei membri nascono spesso dalla credenza che il capo, dotato di poteri sovrannaturali, come un dio irato per l’abbandono non si risparmierà di affliggere atroci sofferenze alla persona che ha osato lasciare il suo stesso dio. È lo stesso meccanismo, basato sul plagio, che consente agli sfruttatori di prostitute, di costruire una sorta di gabbia mentale, fatta di paure e terrore, della quale la persona riuscirà difficilmente a liberarsi nel corso della vita.
Nella divinizzazione del capo questo diventa spesso l’aspetto principale all’interno della vita della setta e costituisce il fulcro dell’organizzazione quotidiana del movimento. Va notato come spesso, nelle fasi iniziali della nascita di una setta, il capo sostenga di avere un rapporto privilegiato o costante con un dio ‘ufficiale’ e riconosciuto. Questo tramite con le religioni riconosciute, permette al capo o alla setta stessa, di non essere percepita come potenzialmente eversiva o particolarmente strana. Nel momento in cui questo tramite non è più necessario, spesso viene lasciato decadere e semplicemente non è più essenziale. Il capo diventa egli stesso il dio da venerare e osannare e questo non lascia posto ad un altro dio. Esistono vari modi attraverso i quali il leader può acquistare questo potere sui suoi seguaci. Da un lato possono essere utilizzate delle tecniche di vera e propria manipolazione mentale basata soprattutto sulla destabilizzazione e sulla ricostruzione di un nuovo senso di sé e di una nuova percezione della realtà. La tecnica principale consiste nel mettere profondamente in discussione tutto ciò che appartiene al passato dell’individuo. Tutto viene vagliato e criticato di modo che il novizio non possa più sentirsi sicuro di tutto ciò che era la sua la realtà, che l’ha accolto fino a quel momento della sua vita.
– Continua –
Tutti i diritti riservati
Salve Enzo, naturalmente non posso che darle ragione: necessariamente i post sono generalizzati. Non avrei potuto affrontare un discorso multi sfaccettato come quello sulle sette descrivendole singolarmente, data appunto la molteplicità di sette esistenti. Questo è il pregio/limite di questo tipo di interazioni: il blog è una piattaforma aperta dove entra a leggere sia la persona che, come mi pare di intuire sia lei, si interessa di questo tipo di tematiche, sia persone molto meno addentro alla tematica stessa. I post sono volutamente non troppo specifici, proprio per non escludere l’apporto di nessuno alla discussione. Più volte, anche per post che ritenevo fossero abbastanza ‘fruibili’, ho ricevuto mail o commenti per la complessità del tema trattato. Spero questa mediazione non influisca sull’interesse suscitato da certe tematiche affrontate.
Non si preoccupi per il tono: fa riflettere più una critica che un complimento! Se volesse continuare ad intervenire… sa come fare!
A presto…
No, nel caso del film “L’Albero della Vita”, Lei è stato oltremodo chiaro e sin troppo esaustivo. E nel mio sintetico commento lasciato in calce, lo lascio intendere senza possibilità di dubbio.
In questo caso, in effetti, mi era sfuggita la continuazione (e di questa distrazione mi dolgo e mi scuso); tuttavia, anche se il Suo voler sottolineare che “spesso” non ha la stessa valenza del “sempre”, era tutto il tenore DELLA PARTE 1 di questo post che mi lasciava (e, in parte, mi lascia ancora) molto perplesso, dal momento che, al di là dell’uso del singolo termine, la divinizzazione (o in qualche modo l’investimento dell’autorità da parte degli altri componenti) del “collettore”, costituisce il minimo comune denominatore dei ragionamenti a precedere e a seguire.
Vede, Lei utilizza con padronanza invidiabile la lingua; però rimane l’impressione che abbia voluto tracciare un profilo preciso e standard, cosa che, dicevo e ribadisco, è molto difficile (=impossibile), dal momento che di “sette” non ce ne sono (o ce ne sono state) solo sette o otto, bensì una quantità esagerata, ognuna con la sua storia e le sue peculiarità.
Perdoni comunque il mio tono, che forse Le sarà sembrato eccessivamente saccente.
E grazie per l’attenzione.
Salve Enzo, innanzitutto benvenuto. Mi spiace abbia trovato il post confuso o superficiale e mi sembra curioso venga tacciato di superficialità un post che, data la presenza della parola – Continua – alla fine, si intuisce non sia ancora finito. Devo averla contagiata con la ‘grossolana superficialità’ dal momento che non ho mai scritto che ‘per forza’ al leader di una setta vengano riconosciuti questo tipo di poteri ne che da questo dipenda esclusivamente l’obbedienza alla setta stessa. La frase esatta è “Spesso viene divinizzato, gli vengono conferite caratteristiche ‘magiche’ o poteri salvifici e questo, se accettato e condiviso dai membri del gruppo, consente al capo di avere una presa molto stretta e salda sulla vita delle persone (…)” Spero concorderà con me che ‘spesso’ non abbia lo stesso valore di ‘sempre’.
Come può capire, nessuno degli argomenti trattati in questo blog può essere esaustivo data la vastità dei temi affrontati. E spero nessuno mi possa mai muovere l’osservazione che ho esaurito un tema, dato che questo non lascerebbe spazio per il confronto, obiettivo per il quale esiste questo spazio.
La ringrazio per il contributo.
A presto… Fabrizio Boninu
Mammia mia, quanta confusione, quanta grossolana superficialità!
Appartenere ad una setta non significa per forza e necessariamente riconoscere poteri extra naturali o spirituali o extracorporei o chissà di quale altra natura al proprio leader e, conseguentemente, fare voto di fedeltà ed obbedienza solo in funzione di questo motivo.
E’ altresì fuori discussione che l’argomento è troppo vasto per essere esaurito in una paginetta!
Raccomenderei una maggiore consapevolezza (ed uno studio più attento ed approfondito della Storia, anche e soprattutto quella italiana) prima di cimentarsi in argomentazioni del genere……
bè…trovo parecchie associazioni all’attuale situazione politica dell’italia!!! purtroppo credo che l’esistenza di sette, di gruppi con questa tipologia costitutiva e comunque di tutte quelle persone che solo attraverso un sistema del genere trovano un modo per dare un senso al proprio vivere,in realtà altro non sono che il frutto di una debolezza, un’incapacità di gestire se stessi. Un modo per consegnare idee, prospettive, programmi e quant’altro a chi si crede abbia un potere maggiore, una capacità più adeguata, con conseguenziale responsabilità della riuscita!!! Quanto siamo ancora piccoli! Quanta strada ancora per raggiungere la nostra reale autonomia che si faccia carico di tutte le incertezze che comporta senza per questo dover barattare noi stessi!!!! A volte sembra che paradossalmente ci evolviamo in tutti gli aspetti tecnici per regredire proporzionalmente in quelli propriamente umani, del nostro essere. Cambiano gli uomini, le promesse, i mezzi, le esteriorità nella conduzione dei settarismi, le balle più o meno complesse e raffinate, ma nella sostanza nulla è cambiato! Mi auguro che questi articoli possano dare l’input per una maggiore consapevolezza che ci inviti a migliorarci…Grazie 🙂