La costruzione di un buon dialogo interiore (1)

dialogo interiore2Il post di oggi  ha come tema la costruzione e lo sviluppo del proprio personale dialogo interiore. Cosa si intenda con questa espressione è presto detto: il dialogo interiore è la capacità che abbiamo di parlare con noi stessi. Sembra una cosa di poco conto, penserete. Chi non è in grado di parlare con se stesso? In realtà non è così scontata perché se è vero che è un’attitudine che abbiamo da sempre, è anche vero che ciò che fa la differenza è quanto riusciamo a prestare attenzione a cosa ci diciamo e al modo in cui ce lo diciamo. La premessa fondamentale per avere un buon dialogo interiore riguarda il fatto che si abbia una buona capacità introspettiva, la capacità in altre parole di guardare in se stessi. Se manca questa è molto difficile che si possa avere la consapevolezza di ciò che ci si vuol dire. Quante volte ci capita di parlare tra noi e di non avere la più pallida idea di ciò che ci si sta dicendo? Questo dialogo avviene in continuazione rispetto a quello che succede nella nostra vita e, dato che costituisce una realtà assodata della nostra stessa esperienza, spesso non ci facciamo caso, non ne siamo per nulla consapevoli e ce ne rendiamo conto solo nel momento in cui questo dialogo provoca una forte emozione (rabbia, smarrimento, paura ecc). La vera differenza, allora, a mio avviso è data soprattutto dalla capacità di ascoltarsi. Ascoltarsi, infatti, prevede che mettiamo attenzione a ciò che ci diciamo.

Abbiamo detto che possediamo questa capacità di parlarci, sia a voce alta che a mente, da sempre. Credo invece che la capacità di prestare attenzione a ciò che stiamo dicendo sia una capacità acquisita e che dipenda molto dalle relazioni che riusciamo a costruire con le persone ed, in ultima analisi, con noi stessi. La capacità di ascolto è costruita sulla relazione con gli altri nel momento in cui viene interiorizzata. Mi spiego meglio: credo dipenda da come ci ascoltano gli altri, dal continuo rimando rispetto a ciò che diciamo, da ciò che ci restituiscono col dialogo le altre persone, a come questo ci fa riflettere su noi stessi. Tramite questo riusciamo a portare sempre più consapevolezza in ciò che avviene in noi, nei nostri pensieri e nei nostri dialoghi. Più sperimentiamo questo dialogo, più iniziamo a sperimentare la necessità dell’ascolto, dapprima degli altri rispetto a quello che diciamo per poi interiorizzarlo e farlo nostro. Questo confronto è necessario durante tutta la vita, ma una delle fasi della vita nelle quali gli individui iniziano a sperimentare in maniera molto forte la necessità di ascolto è sicuramente l’adolescenza. E’ il periodo della vita nel quale il dialogo deve necessariamente passare dall’esterno all’interno, passare, cioè, dalla prospettiva che siano gli altri a dirci cosa sia o non sia giusto fare (tipico del punto di vista dei bambini), all’idea che possiamo iniziare a diventare autonomi nell’esplorare le infinite possibilità che riguardano la nostra vita. Questo porta spesso gli adolescenti ad un disperato bisogno di condividere ciò che sta succedendo e di riceverne delle restituzioni. Porta anche spesso ad un isolamento nel momento in cui non ci si sente ascoltati e nessuno sembra capire quanto sia importante quello che si ha da condividere.

Il brano che vi riporto riassume ciò che intendo dire e quanto il dialogo interiore debba, per crescere e diventare sempre più consapevole, essere supportato dal dialogo reale:

Diviene cruciale, come adulti, impegnarsi perché i nostri figli sperimentino quindi un clima di ascolto e dialogo ideale, sia in famiglia che a scuola. Questa è la premessa fondamentale per generare competenze non soggetto in età evolutiva. Crescere deve significare prima di tutto imparare a dialogare e ascoltarsi in modo efficace e competente, fattore di protezione che eviterà al minore di fuggire in territori a rischio, alla ricerca di facili compensazioni presentate come attraenti dal mondo esterno. È inoltre di fondamentale importanza che sviluppino un sano dialogo interiore, basato su un atteggiamento di positiva introspezione. È questa una risorsa di indubbio valore che li aiuta a elaborare elementi e informazioni dalle proprie esperienze passate e presenti, a valutare i pro e i contro e prevedere le possibili conseguenze derivate dalle loro scelte e dalle loro azioni. Tale capacità di sapere conversare con se stessi condiziona il modo con cui essi interagiscono e rispondono agli stimoli provenienti dal mondo esterno. In particolare, acquisiranno l’abilità di fare scelte in base al proprio sentire, e non perché sollecitati o spinti da altri. Se i minori non sentono di poter contare sulle proprie voci interne, danno sempre molto peso alle voci provenienti dall’esterno.[1]

– Continua –

[1] Pellai, A. (2012), Questa casa non è un albergo!, Feltrinelli, Milano, pp. 186-188

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Rosario
Rosario
7 years ago

L’articolo lo trovo interessante, ma avrei voluto leggerlo tutto, ma non ci riesco. Cliccando sul pulsante “continua” non succede niente.

sophie
sophie
9 years ago

Grazie Fabrizio per l’articolo. Molto chiaro e utile!

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