Cosa direste se vi dicessi che le persone associano l’emozione di una perdita profonda per un oggetto che fino a 20 anni fa nemmeno esisteva come lo conosciamo oggi? Che sto scherzando? Ebbene no. Stando all’articolo che vi segnalo questi sono i sentimenti che un gruppo di persone ha associato alla perdita del proprio telefonino. Segnala, sicuramente, una delle tendenze preponderanti della nostra epoca. Come siamo legati al cellulare? L’articolo riporta uno studio fatto su un gruppo di persone che hanno detto di non poter sopravvivere alla perdita del telefonino. Ormai siamo talmente abituati a questo tipo di tecnologie che le consideriamo estensione di noi stessi. E la loro perdita è vissuta come se perdessimo una parte di noi. Sarebbe interessante estendere il discorso e considerare che cosa definisca ed entri a far parte nella costruzione della nostra identità. Tema su cui potremmo riflettere in un futuro post. L’articolo è del Corriere della Sera (27.07.11) ed è di Elena Meli
Questo il link: http://www.corriere.it/salute/11_luglio_22/cellulare-perdita-disperazione-meli_bff1e256-b3c0-11e0-a9a1-2447d845620b.shtml
Sono quasi sicuro che, se rivolgessi a voi la stessa domanda, probabilmente mi rispondereste allo stesso modo!
A presto…
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anche io la penso come Maria Grazia… ciò che ha cambiato è proprio la modalità di gestire le relazioni!
Dobbiamo aggiungere un altro dubbio epistemologico: non basta più chiedersi se il sè del cieco finisca dove comincia il bastone o lo comprenda. Ora dobbiamo chiederci se il sè di tutti (vedenti e non)comprende anche il telefonino…
Penso alle poche persone che conosco che ancora non lo usano e il primo che mi viene in mente è Francesco Guccini che, per intenderci, non ha nemmeno la patente. Il secondo è mio padre, che a 74 anni si rifiuta di usarlo. Entrambi mi evocano una visione più romantica della vita, come diceva qualcuno sopra, la visione di qualcuno che rispetta gli impegni ed è puntuale agli appuntamenti…anche se la preoccupazione si eleva all’ennesima potenza quando la puntualità non può essere rispettata. Il telefonino ha cambiato il nostro modo di gestire le relazioni, non c’è dubbio…
l’importanza che noi diamo ad un particolare oggetto non dipende soltanto dalla sua reale utilità, dipende dal desiderio che suscita in noi… mi spiego meglio: 20 anni fa SAPEVAMO che per telefonare bisognava farlo da casa o da una cabina. Ebbene dopo che la pubblicità e i film americani ci hanno mostrato i primi cellulari li abbiamo desiderati e infine acquistati: a quel punto potevamo telefonare da qualsiasi luogo ed eravamo contenti. Poi sono arrivati i cellulari con gli sms, che noi prima non conoscevamo. Ed ecco che non eravamo più contenti del nostro telefonino, il nuovo bisogno non spontaneo MA SUSCITATO IN NOI da altri ce li ha fatti a loro volta desiderare e acquistare. E a quel punto ci sentivamo ancora più contenti ed appagati.. Poi sono arrivati quelli con schermo a colori.. stessa cosa, non eravamo più appagati! quelli con fotocamera.. idem! quelli con collegamento internet.. peggio che mai! Più siamo a conoscenza delle nostre possibilità e più le inseguiamo.. Logico capire come poi sia facile diventarne schiavo, il telefonino è entrato in punta di piedi nella nostra vita per poi prendersi via via sempre più spazio.. tanto che la sua mancanza equivale ormai ad un vero e proprio handicap fisico. E sociale (se si pensa, tanto per dirne una, al mondo lavorativo).
Io ho 52 anni, all’età di 17, durante l’estate si usciva di casa alla sera fino alle 22, max fino alle 23. Il ritrovo non era un bar, ma un muretto. A seconda del muretto c’erano varie compagnie. Il denominatore comune di tutti era di avere in tasca un gettone (allora si usavano i gettoni per telefonare) per il telefono. Questi veniva usato solo in casi gravi, nessuno si sarebbe sognato di telefonare ad un amico per ritrovarsi alla sera! Il gettone serviva in caso d’incidente grave. Il muretto era sempre lì, si arrivava e si aspettava, chi veniva veniva. Proprio questa mattina, nelle mie lunghe camminate (5 km per andare al lavoro a piedi) pensavo sul fatto di come ci si attacchi a certi oggetti, e come ci influenzano. Il mio pc, sarei molto triste se si rompesse e non potessi adoperarlo per giorni, il cell è solo una scocciatura. Nei miei pensieri mi chiedevo perchè io molto spesso, dopo un periodo più o meno lungo, mi sbarazzavo delle cose a cui tenevo molto. Paura di perderle, quindi se me ne sbarazzo il dolore è minore. Forse anche con le persone care (amici ecc….) facendo in modo di perdere la loro amicizia? una sofferenza minore. Ritornando sul discorso principale dell’esempio del cell, pensavo questo: cosa cerchiamo? il mezzo o il fine? Fintanto che l’oggetto è un mezzo (per conoscere, per farsi conoscere ecc)allora va bene. Ma quando l’oggetto, cell, pc, da mezzo diventa fine allora subentra qualcosa di patologico. Cos’è il fine se non il raggiungimento di uno scopo. Ma se facciamo del mezzo il fine allora non và più bene.
Niente succede per caso, proprio martedì andando a un incontro,il mio caro piccolo celluluare ha fatto un volo di due piani finendo sotto l ascensore. dubito di ritrovarlo intatto e anche volendo dovrei scomodare amministratore e tecnico per recuperare brandelli di telefonino.. morale. per un giorno sn rimasta priva del cell e devo ammettere che è stata una sensazione non proprio felice, tuttaltro.. sembra ridicolo lo so, ma mi sono sentita “nuda”, come se avessi perso qualcosa di mio, di importante. Non per il valore del tel , che tra l atro nn avevo neppure pagato, ma per me il telefono rappresenta il mio mondo, i contatti con le altre persone, e senza quello purtroppo, mi sn sentita un po spaesata.. allora i chiedo “quando non eistevano i cellulari, come facevamo?” semplicemente ci si incontrava, rispettando gli appuntamenti senza troppi stress di ” ti è arrivato il mio sms?oppure ma con quell sms cosa volevi dire?perchè sorge anche il problema di interpretare la comunicazione via sms che inesorabilmente se nn coadiuvata dagli emoticon a volte rende ambiguo il vero significato che il mittente vuole esprimere in un modo e il ricevente viceversa.. Che dire, la tecnologia è sempre ben accetta, ma talvlta rischiamo di perdere quelle sane abitudini e semplici. per intenderci, io sn una delle poche che continua a scrivere lettere per gli amici carta e enna e a vole con tanto di carta da lettera, inguaribile romantica 🙂
Ciao Fabri… dici bene.. ormai il cellulare è un’ estensione di noi stessi… è vero non riusciamo a farne a meno!!! Certe volte però ricordo quel senso di libertà che provavo da ragazzina quando uscivo per le prime volte da sola senza niente e nessuno che mi controllasse o che mi accompagnasse… quel piacere e quella gioia di stare sola con me stessa erano invidiabili… e tutt’ora riesco a provarli sai quando??? le rarissime volte che dimentico il cellulare o che esco senza!!! (((ovviamente dopo aver provato anche un primo senso di smarrimento e di preoccupazione che qualcuno possa cercarmi)))… io ora parlo di sensazioni personali ma è anche vero che noi, che la nostra mente, che il nostro mondo è un sistema, e cosi come dice quel principio secondo il quale ogni sistema è in grado di ritrovare un equilibrio in assenza di un elemento (o in presenza di un nuovo elemento), anche noi, probabilmente, saremo in grado di abituarci a stare senza cellulari (ciò se li si considera come un’estensione di sè)… è ovvio che hanno una grandissima utilità ma questi sono discorsi di natura non psicologica che in questo spazio non hanno grossa importanza! 🙂