Questo è il periodo dell’anno nel quale abbiamo la possibilità di usarle più spesso: mi riferisco alle riviste di cruciverba, rebus, sudoku, ecc che spuntano (e vendono) soprattutto d’estate. Molti le considerano degli innocui passatempi ma forse dovremmo iniziare a considerarle non più un semplice giochino ma un vero e proprio modo per nutrire la mente.
Secondo la ricerca svolta dalla Washington University di San Louis pubblicato su Psychology and Aging giocare o sottoporre il proprio cervello a compiti di problem solving potrebbe portare a riuscire a superare la chiusura mentale spesso associata all’età, preservando l’efficienza intellettiva e disponendo verso nuove esperienze, a tutto vantaggio della salute generale e dell’aspettativa di vita. Lo studio è stato condotto su un gruppo di 183 partecipanti, età media 77 anni, e cercava di testare come potesse influire sullo sviluppo intellettuale svolgere alcune di queste attività mentali. Il risultato è stato abbastanza sorprendente e per certi versi confortante: le persone anziane che si erano ‘sottoposte’ alle 15 ore settimanali richieste per l’esperimento, alla fine dell’esperimento stesso rispetto al gruppo di controllo, sono risultati mentalmente più aperti a nuove modalità di ragionamento, dimostrando per la prima volta che un trattamento non farmacologico può mutare i tratti di personalità di un anziano, da sempre ritenuti congelati e immutabili.
I risultati sono stati sorprendenti perché si sono ottenuti dei miglioramenti nelle cosiddette malattie senili senza il bisogno di ricorrere a farmaci. Nell’articolo si cita una di queste malattie tipicamente senili, la pseudodemenza depressiva, che porta le persone di una certa età, in assenza di danni fisiologici o cerebrali, ad iniziare a ragionare con una eccessiva lentezza, o con un’apatia di fondo che può portare anche all’allentamento o all’evitamento delle relazioni. Tenere in allenamento il proprio cervello può avere effetti positivi per l’intero tono dell’umore e può far evitare l’insorgenza di manifestazioni così problematiche. Considerando, poi, che il risultato è stato ottenuto senza l’ausilio di farmaci, la cura sembra ancora più positiva. Le persone che si erano sottoposte all’esperimento soffrivano meno di insorgenze di questo tipo anche se non è chiaro, bisognerebbe fare uno studio a parte, se questo sia dovuto al fatto che i soggetti hanno solo allenato il cervello oppure perché dovevano interagire con gli altri partecipanti nelle lezioni di training che erano tenuti a frequentare. Probabilmente, ed io propendo per una spiegazione multifattoriale, entrambi i fattori hanno concorso al raggiungimento di questo risultato.
Quello che mi sembra interessante sottolineare di questo studio, ed è un aspetto ormai confermato da parecchi altri studi di questo tipo, è come tenere la mente allenata e attiva possa in qualche modo allontanare una serie di problemi o di patologie che invece caratterizzano menti più ‘sedentarie’. Come l’allenamento di un muscolo porta al suo sviluppo, allo stesso modo accade con l’allenamento del nostro cervello. Questo fatto è dimostrato empiricamente da altri studi come quello svolto dalla California University di Berkeley che ha dimostrato, tramite l’uso della PET (tomografia a emissione di positroni) comenel cervello di chi ha sempre svolto attività cognitive stimolanti come leggere o anche solo fare parole crociate ci sono meno placche di amiloide, la sostanza che rappresentano le stimmate della malattia di Alzheimer. Insomma, non ci rimane altro da fare che allenarlo il più possibile cercando di essere attivi e curiosi nei confronti della realtà che ci circonda. Se poi volete aggiungere sudoku o cruciverba, fate voi!
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L’articolo è del Corriere della Sera firmato da Cesare Peccarisi.
Che ne pensate?
A presto…
P.s.: quello della foto è un vero schema di Sudoku. Se voleste cimentarvi a risolverlo ed iniziare ad allenarvi…
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