Il post di oggi riguarda un aspetto della personalità umana che mi ha sempre colpito e affascinato. Perché le persone sono attratte dalle disgrazie degli altri? Quest’osservazione è scaturita sia da diverse esperienze personali (noto, ad esempio, durante incidenti come le persone si fermino a guardare ostacolando ulteriormente la circolazione), sia per osservazione indiretta rispetto al successo che la cronaca nera ha in tutti i mezzi di comunicazione, siano essi telegiornali, giornali o internet. La domanda allora sorge spontanea: perché siamo così affascinati dalle disgrazie? Una risposta può risiedere nel fatto che ci affascinano le disgrazie che non ci toccano direttamente. Se, infatti, la disgrazie è vicina a noi o tocca persone a noi care, allora improvvisamente non siamo più così benevoli per la curiosità, neanche delle persone che vorrebbero sapere da noi notizie in più circa quello che è successo.
Questo mi ha portato alla considerazione che la curiosità sia inversamente proporzionale alla vicinanza relazionale delle persone colpite: in altre parole più le persone colpite da una disgrazia sono a noi vicine, più tentiamo di rimuovere quello che è successo, più le persone sono lontane dal punto di vista relazionale (e questo succede soprattutto con casi di cronaca nera che assurgono a veri e propri paradigmi, penso al caso di Cogne, o al caso di Avetrana o al delitto di Novi Ligure)più ne siamo irresistibilmente attratti. Questo spiegherebbe la vera e propria follia collettiva che caratterizza alcuni casi mediatici che godono di una copertura tale per cui sembra impossibile non venirne a sapere nulla. Questi casi assurgono al ruolo di catalizzatore di disgrazia per cui la gente continua a seguirle anche a distanza di mesi da quando sono effettivamente accadute. Eccoci ad un altro punto nodale della questione: sono i mass media che danno questa percezione del caso o i mass media rispondono ad un bisogno manifestato dalle persone? Questa è una domanda difficile da trattare perché potrebbe essere un circolo vizioso che si autorinforza. Se da una lato è vero che le persone sembrano più interessate, è anche vero che ormai i mezzi di comunicazione si fanno sempre meno scrupolo nel rivelare dettagli e particolari che potrebbero interessare solo una persona col gusto dell’orrido.
E allora? Quale potrebbe essere la risposta alla domanda iniziale? Forse c’è da aggiungere che l’attrazione riguardi anche lo scampato pericolo per il singolo. In altre parole il fatto che io stia vedendo o assistendo ad una disgrazia che coinvolge un’altra persona è rassicurante dal momento che mi dice che io, invece, non la sto subendo. Un modo molto sottile che esorcizza la nostra costante paura della morte. Paura che credo possa coinvolgere ad ogni livello. Forse questa potrebbe essere la spiegazione. Il fatto che la disgrazia ci attragga quando non ci coinvolge direttamente preserva l’idea di una nostra vita, di una nostro prosieguo rispetto alla morte stessa. Un’idea che viene subito messa in discussione nel momento in cui la disgrazia ci tocca. E ci permette di confrontarci con quella che è l’idea stessa che noi abbiamo della morte e della paura che questa, soprattutto il pensiero della nostra stessa morte, può provocarci.
Che ne pensate?
A presto…
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