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Manuela Arca
Manuela Arca
7 years ago

Ciao Fabrizio, concordo pienamente sul fatto che agli inizi di questo meraviglioso lavoro (almeno per me)siamo particolarmente influenzati dalle regole che la formazione specialistica ci ha impartito. Anche io, con il passare del tempo e con l’aumentare dell’esperienza clinica ho potuto constatare le evoluzioni del mio stile psicoterapico. Mi sono fatta l’idea che tutti i miei cambiamenti siano una commistione di eventi personali, insegnamenti ricevuti dai miei pazienti, aggiornamenti professionali e soprattutto psicoterapia personale e supervisioni periodiche. Ricordo con tenerezza una “Me” che svolgeva la pratica clinica per 4anni in una struttura pubblica a carattere psichiatrico: le persone che avevo davanti, al 99%, erano molto “critiche” nella gestione di quei confini di cui parli. Volevano sapere quanti anni avevo, dove abitavo, come avrei passato le vacanze di Pasqua o Natale, se avevo un fidanzato o dei figli o se dopo quella seduta ci sarebbe stata un’altra persona.
Qualcuno potrebbe pensare che quelle sono curiosità; non erano curiosità. Ho imparato bene, in quel periodo della mia professione, che lì esistevano dei meccanismi di difesa che inconsapevolmente (da parte dei pazienti)cercavano di giocare la relazione terapeutica.
Sentir parlare di sé il terapeuta, per alcuni tipi di pazienti e mi riferisco a semplici riferimenti e non al racconto della vita del terapeuta, ha un valore terapeutico. Consente al paziente di interrompere, attraverso il confronto, il potere attribuito all’idealizzazione. Ovviamente tale pratica non è applicabile in tutte le relazioni terapeuta -paziente, secondo me.
Secondo i miei sentimenti, ciò che è impalpabile ai più, è proprio cosa fa questo benedetto psicoterapeuta per aiutare e far star meglio e/o bene i pazienti. Usiamo noi stessi! Forse non siamo una cassa di risonanza, attraverso l’empatia, di ciò che prova il paziente?
Riuscire a sentire, accogliere dentro di me e restituire, a chi chiede aiuto, ciò che esprime, è il lavoro più importante che opero. Sono consapevole che senza alcuna “revisione periodica alla mia automobile psichica” questo lavoro sarebbe molto pericoloso.
Leggerò di questo Bhudda! Sono incuriosita! Nella mia teoria esistono due “guru”: il paziente e il terapeuta, che lavorano insieme ciascuno con le proprie risorse e competenze.

Carla Ruggeri
Carla Ruggeri
7 years ago

Buongiorno
sono stata in terapia due anni, non sono “guarita” ma ho avuto un ottimo valido aiuto; se non fosse per i costi e perché è un grosso impegno anche logistico non avrei interrotto.
Da “pellegrina” voglio renderla partecipe di una mia impressione. Vero che, a volte, mi chiedevo senza curiosità se i gioielli che indossava fossero regali o meno; se pensasse lei alle pulizie dello studio; alle spese; a volte mi chiedevo come avessi reagito se l’avessi incontrata in qualche negozio, al cinema o che altro, anzi questo lo temevo perché non sapevo che comportamento fosse più opportuno (buongiorno come sta?)?
Ciò che mi ha sconvolto, per esempio, è stato assistere casualmente ad un alterco che lei ha avuto con un altro automobilista che le impediva l’entrata al garage: urlava come una pazza! Non è una critica, ma è stato come se fosse una sconosciuta. A lei ovviamente non l’ho mai riferito.
Grazie per l’ospitalità e buona giornata
Carla Ruggeri

fabrizioboninu
fabrizioboninu
7 years ago

Salve Carla, benvenuta. Credo sia assolutamente naturale avere delle curiosità rispetto al proprio terapeuta. E, come ha potuto che constatare, è vero che anche noi abbiamo delle emozioni che non sempre sono manifestate con il controllo e la calma che i pazienti vedono durante la terapia! È la prova che siamo umani:) Grazie per la sua testimonianza.
A presto,
Fabrizio

Manuela Arca
Manuela Arca
8 years ago

Ciao Fabrizio, concordo pienamente sul fatto che agli inizi di questo meraviglioso lavoro (almeno per me)siamo particolarmente influenzati dalle regole che la formazione specialistica ci ha impartito. Anche io, con il passare del tempo e con l’aumentare dell’esperienza cinica ho potuto constatare le evoluzioni del mio stile psicoterapico. Mi sono fatta l’idea che tutti i miei cambiamenti siano una commistione di eventi personali, insegnamenti ricevuti dai miei pazienti, aggiornamenti professionali e soprattutto psicoterapia personale e supervisioni periodiche. Ricordo con tenerezza una “Me” che svolgeva la pratica clinica per 4anni in una struttura pubblica a carattere psichiatrico: le persone che avevo davanti, al 99%, erano molto “critiche” nella gestione di quei confini di cui parli. Volevano sapere quanti anni avevo, dove abitavo, come avrei passato le vacanze di Pasqua o Natale, se avevo un fidanzato o dei figli o se dopo quella seduta ci sarebbe stata un’altra persona.
Qualcuno potrebbe pensare che quelle sono curiosità; non erano curiosità. Ho imparato bene, in quel periodo della mia professione, che lì esistevano dei meccanismi di difesa che inconsapevolmente (da parte dei pazienti)cercavano di giocare la relazione terapeutica.
Sentir parlare di sé il terapeuta, per alcuni tipi di pazienti e mi riferisco a semplici riferimenti e non al racconto della vita del terapeuta, ha un valore terapeutico. Consente al paziente di interrompere, attraverso il confronto, il potere attribuito all’idealizzazione. Ovviamente tale pratica non è applicabile in tutte le relazioni terapeuta -paziente, secondo me.
Secondo i miei sentimenti, ciò che è impalpabile ai più, è proprio cosa fa questo benedetto psicoterapeuta per aiutare e far star meglio e/o bene i pazienti. Usiamo noi stessi! Forse non siamo una cassa di risonanza, attraverso l’empatia, di ciò che prova il paziente?
Riuscire a sentire, accogliere dentro di me e restituire, a chi chiede aiuto, ciò che esprime, è il lavoro più importante che opero. Sono consapevole che senza alcuna “revisione periodica alla mia automobile psichica” questo lavoro sarebbe molto pericoloso.
Leggerò di questo Bhudda! Sono incuriosita! Nella mia teoria esistono due “guru”: il paziente e il terapeuta, che lavorano insieme ciascuno con le proprie risorse e competenze.

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